Orto e giardino per seminare salute mentale. La green therapy è la tesi coltivata da una psichiatra inglese. Che l’ha raccolta in un fruttuoso best seller…
La celeberrima frase che chiude il Candido di Voltaire: «il faut cultiver notre jardin», è sempre stata occasione di dibattito più o meno culturale. Metafora material-razionalista contro l’ottimismo metafisico di Leibniz, quello del migliore dei mondi possibili?
Una prosaica strizzatina d’occhio da parte dell’autore, giardiniere dilettante che zappettava, potava e annaffiava nelle sue tenute di Les Delices e Ferney? O magari un semplice invito a farsi i fatti propri?
Citata e stracitata sino alla nausea, quella frase è rispuntata con un nuovo e corroborante significato nelle quasi 400 pagine di The well gardened mind: the restorative power of nature scritto dalla psichiatra inglese Sue Stuart-Smith.
Appassionata lei stessa di giardinaggio e orticoltura, la dottoressa (collezione di lauree a Cambridge, consulente del National Health Service, marito famoso architetto paesaggista), ha coniugato perfettamente gli aspetti storici, letterari, estetici e, perché no?, sentimentali del tema con la praticissima funzione terapeutica dimostrata da una serie di studi interdisciplinari.
Dalle statistiche dello stesso HNS circa la riduzione di ansie, stress e depressioni a quelle degli ospedali sudcoreani sui recuperi postoperatori, i benefici della green therapy, del coltivare fiori e ortaggi superano di gran lunga i piaceri di un semplice hobby.
Effetti evidenti, spiegazioni complesse. La più convincente consiste probabilmente nel ritorno (gratificante sì, ma per fortuna transitorio…), alle radici che nel corso di millenni hanno nutrito la lenta evoluzione dal sapiens raccoglitore-cacciatore al sapiens domesticatore di piante e animali.
Insomma, memorie ancestrali, come venivano chiamate fino a poco tempo fa, prima che le neuroscienze inventassero i loro neologismi.
E non è un caso che The well gardened mind sia diventato un best seller proprio nel biennio della pandemia, un po’ così, oscillando tra fiori e virus, per provare a far di nuovo pace con la Natura.