Piatti del territorio e atmosfera familiare. Ma menù firmati da chef stellati. Ecco la sorpresa dietro le nuove trattorie stellate

Gli stilisti della haute couture raggiungono un pubblico più ampio con le seconde linee, riconoscibili per il taglio, abiti da tutti i giorni e accessibili. La ristorazione è stata a lungo incerta se fare il passo verso questa direzione, anche già se trent’anni fa Paul Bocuse, con il bistrot L’Ouest a Lione, il primo di uno stellato, aveva indicato la strada. Oggi però le insegne spin-off sono il nuovo fenomeno: menù territoriali, atmosfere no frills, qualità di servizio, ma spesa frendly.

Gentleman ne ha registrato la mappa. Da non perdere. Si parte dalla Toscana con Virtuoso, il nome del ristorante della Tenuta Le Tre Virtù. E coraggioso è Antonello Sardi, stella «verde» Michelin a Scarperia nel Mugello, biotopo toscano poco indagato. Definire l’oasi agriturismo è riduttivo, resort sa di grandi catene, ma qui siamo a un unicum. La coniugazione di questi estremi è però affascinante.
Le insegne spin-off aprono in luoghi tradizionali, ma anche in resort di lusso

I piatti al bistrot Virtuosino si nutrono del territorio e lo miniaturizzano nel menù tutto bio delle carni della tenuta, pesce tirrenico e paste fresche made in Tuscany. E risotti sorprendenti. Come è sorprendente l’ultimo progetto di Niko Romito. A capo del ristorante tristellato Reale a Castel di Sangro, amato da Bernard Arnault e scelto per dare l’impronta di stile italiano ai Bulgari Hotel&Resort tra Milano, Bali, Shanghai e Pechino, lo chef ha ideato Alt, bar-trattoria-area di servizio stile tarantiniano che alletta i gourmet sulla Statale 17, tra Foggia e L’Aquila con la Bomba con maiale fondente, pizze e tipicità abruzzesi. Ma non solo.

All’Expo di Dubai ha innestato il format Spazio Bar e Cucina, riproposta del caffè all’italiana compresi il culto della prima colazione e la cucina conviviale: pollo fritto, pani, ricette domestiche, ripieni di made in Italy. Perché per Romito «la ricetta è un’architettura, un equilibrio tra forma e funzione, come lo stile di Giò Ponti, geometrie, linee, colore, luce e razionalità».

Food, architettura, ma anche moda e design. Un insieme che funziona anche per BistRo, allestito negli spazi di Milano della gallerista Rossella Orlandi, da Etro e Stefania Moroni, eredi della coppia Aimo e Nadia. La cucina è affidata all’estro di Lorenzo Pesci, premiato chef under 30. Materie prime eccellenti e ricettario contemporaneo seguono i valori della maison Moroni, ma attenzione: i piatti non sono del ristorante pluristellato né il downgrade, qui si addentano polpette con maionese di menta, insalata di seppia, trippa e fagiolini, ossobuco gratinato, piccione ripieno di peperoni e olive.

Gloria ai dolci, con la Tarte Tatin alle pesche e gelato al sesamo. Moreno Cedroni, due stelle con la Madonnina del Pescatore e il Clandestino, re della salumeria ittica, sulla piazza marchigiana di Senigallia ha aperto, invece, il chiosco-bistrot Anikò, pesci di qualità prêt-à-manger come tonno bianco Tataki, quinoa agrodolce, salsa tonnata; polentina vongole e gamberi con salsa al prezzemolo; lasagna di mare rosa con salsa cocco-lime; fish&chips di spigola, patatine e mostarda di mandarini; hot-dog di gambero alla bbq. E dessert creativi come il suo food designer.

Per una ghiotta evasione monferrina, ci si sposta sulle colline di Gavi, per fare una sosta a La Raia, azienda agricola certificata Demeter della famiglia Rossi Cairo. La Locanda conta su Tommaso Arrigoni, chef stellato e già patron di Innocenti Evasioni a Milano. Cereali antichi, frutta e verdura dell’orto bio sostengono i suoi menù di specialità monferrine: risotto al Castelmagno, plin al sugo di carne, battuta di Fassona, vitello tonnato. Enrico Bartolini è lo chef più stellato d’Italia: dietro di lui si pensa ci sia tanta tecnologia e invece rigenera il braciere, il forno a legna, lo spiedo… Succede a L’Andana, Tenuta La Badiola, icona maremmana dell’ospitalità Moretti, dove il pezzo forte è La Trattoria, sistemata in un granaio con vista vigne. Ingredienti e cotture sono affidati a Bruno Cossio: succulente Fiorentine, tartare, astice e persino ostriche passate al calore.

Dallo chef più stellato a quello laureato: il dottore in economia Marcello Corrado è alla guida della stellata Osteria Perillà del Podere Forte, un micromondo biodinamico a Rocca d’Orcia. Tra suini senesi, faraone, agnelli, uova e ortaggi, propone tartare, gnocchi di ricotta di pecora, di pasta e patate. Ma come si dice osteria in piemontese? Storicamente «piola» è osteria, piatti arcaici e opulenti, un quartino di rosso, guai a sgarrare dal Dna. Poi c’è l’eccezione: Enrico Crippa, tre stelle e un bottino di forchette e cappelli ad Alba al ristorante Piazza Duomo, ne apre una in piazza Risorgimento.
Le stelle michelin e lo stile popolare della trattoria sono in perfetta sintonia
Ambiente stylish non sfacciato, una campionatura di eccellenze tra vini e ricette regionali dall’esecuzione maiuscola. La variante di genere non ha imbufalito nessuno. Anzi. Orchestra Dennis Panzeri, spartito di Crippa sulla lavagna de La Piola col gessetto: tantipasto all’antica, vitello tonnato, tajarin, agnolotti, fritto misto. Torta di nocciole e gianduiotto, la firma di fedeltà. Il viaggio del gusto finisce sull’Appia. Il ristorante Tordomatto sfodera lo spin-off dello stellato romano Adriano Baldassarre sulla circonvallazione, sfida dello chef alla transumanza di automezzi. Si chiama Trattoria Popolare Avvolgibile, look anni 60, tavolate de’ noiantri, piatti capitolini: gricia, spaghi alla carbonara, rigatoni amatriciani, polpette da scarpettare nel sugo.
