Fondazione Prada. Utopie possibili

di Luisa Ciuni

Dalla Cina, a Milano e Venezia. Dai grandi maestri del cinema a quelli dell’opera. Valorizzare nuovi talenti, senza dimenticare la storia dell’arte. La scommessa vincente della Fondazione Prada

Sono passati poco più di trent’anni da quando è stata istituita la Fondazione Prada con il compito di attuare «progetti impossibili, quelli che ci interessano», come spiegò Miuccia Prada, la sua fondatrice, che oggi ne è anche presidente e direttrice. Una scommessa vinta in modo assolutamente concreto e tangibile ma anche sognante, utopistico, di confine. Oscillante fra sogno e realtà.

Di certo unico nel pur ricco e spesso molto concreto mondo delle fondazioni delle grandi case di moda, a partire dalla sede che esprime il cuore e l’essenza della stessa creatività di Miuccia. Perché il suo è un mondo dove tout se tient. Si potrebbe dire, avendo voglia di esagerare, che ci sia quasi un sottile fil rouge dal ricamo di una sua creazione, fino alla rappresentazione di Norma nel suo spazio.

gentleman arte Fondazione Prada Fondazione Prada_Atlas_Fischli-Weiss (2)

 

Oppure, dalla sede di Milano, in largo Isarco, progettata dallo Studio di architettura Oma guidato da Rem Koolhaas, che ha trasformato in un capolavoro una distilleria degli anni 10 persa nella periferia meneghina, a quella di Venezia, «l’aristocratica Ca’ Corner della regina». Per proseguire fino al Cinema Godard, al progetto Atlas (l’esposizione d’arte permanente, sopra Fischli-Weiss), alla cooperazione con la Riccardo Muti Italia Opera Orchestra, fino all’Accademia dei Bambini, passando per il Bar Luce, progettato dal regista Wes Anderson riprendendo i temi più classici del neorealismo italiano: formica sui tavoli e Luchino Visconti e Rocco e i suoi fratelli. Un unicum assoluto da cui arrivano messaggi e stimoli di ogni genere e ognuno trova il suo mondo o la sua suggestione.

La sfida, anno dopo anno, è quella di proseguire con le tante iniziative che compongono il caleidoscopio di proposte della Fondazione, dalla Cina all’Italia, da Milano a Venezia.

gentleman arte Fondazione Prada Pino Pascali_Fondazione Prada

Proprio in largo Isarco la grande retrospettiva dedicata a Pino Pascali, il padre dell’arte povera, un artista non ricordato come si dovrebbe (sopra). La mostra, fino al 23 settembre, a cura di Mark Godfrey, include oltre suoi 50 lavori provenienti da musei e collezioni private in quattro sezioni: i primi ambienti, gli interventi nelle collettive più importanti; Pascali e le sue sculture negli scatti di Claudio Abate, Andrea Taverna e Ugo Mulas, per concludersi con uno studio sul suo utilizzo di materiali naturali e industriali.

gentleman arte Fondazione Prada Fondazione Prada Venezia_ph Marco Cappelletti

A Ca’ Corner, invece, si dipana in progetto Monte di Pietà, storia di un palazzo fra la sua antica vocazione e quella contemporanea sullo sfondo della Biennale d’arte: una storia che intriga, narrata dalle opere di Christoph Büchel (fino al 24 novembre). E prosegue il Cinema Godard, forse l’operazione di cinema più importante realizzata a Milano negli ultimi anni, con l’arrivo in città di tutto l’atelier del regista e la sua collocazione nella Galleria Sud della sede di largo Isarco.

gentleman arte Fondazione Prada Cinema Godard_ph t-space

«Il cinema è un laboratorio di nuove idee e uno spazio di formazione culturale, per questo abbiamo deciso di dedicare la nostra sala a Jean-Luc Godard», racconta Miuccia Prada: «La forza sperimentale e visionaria della sua ricerca è uno stimolo continuo a rinnovare l’impegno della Fondazione nella diffusione dei linguaggi cinematografici e nell’esplorazione di forme di narrazione emergenti, un luogo di conoscenza del mondo e della vita delle persone».

Tra sogno e pragmatismo, ecco anche la collaborazione con Riccardo Muti.

gentleman arte Fondazione Prada Fondazione Prada_Riccardo Muti_ph Alessandro Saletta - DSL Studio

Il grande cineasta e il sommo maestro, due artisti che possono sembrare lontani anni luce fra loro, ma che non sono arrivati a caso in casa Prada, facendo, appunto, parte di quel caleidoscopio di proposte e di mondi lontanissimi che la Fondazione unisce e riunisce. L’impegno con Muti ha come fine ultimo l’educazione musicale delle nuove generazioni contro la sciatteria di un certo modo corrente di mettere in scena e dirigere l’opera, ma è anche un modo straordinario e generoso di dare un’opportunità a chiunque voglia di venire a contatto con un eccezionale musicista, dato il prezzo davvero contenuto per i giovani dei concerti. Per l’anno prossimo è allo studio un Don Giovanni mozartiano che promette meraviglie.

Pragmatismo e sogno si uniscono in una sottile linea rossa.

E se è vero quello che afferma, in profumo di paradosso, Chiara Costa, head of Programs di Fondazione a Milano e Venezia: «A cosa serve una Fondazione culturale è una domanda per cui nessuno ha una risposta», quella di Prada la risposta l’ha: creare, distribuire, mostrare bellezza.

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