Negli anni 70, il mondo dei segnatempo mette a punto una rivoluzione oggi più che mai di moda: ecco i migliori orologi con bracciale integrato
C’erano una volta gli anni 70, un periodo difficile, schizofrenico. Da una parte, tensioni sociali, politiche, economiche; dall’altra, un grande fermento creativo, specialmente nel design. Un fermento che scosse anche il sonnacchioso, fino a quel tempo, mondo dell’orologeria svizzera, alle prese con la tempesta del quarzo che ne mise a serio rischio la sopravvivenza. E se sommiamo anni 70, design e orologi, il risultato è uno solo: il bracciale integrato.
In questa tipologia di modello, la cassa è sprovvista di anse e il bracciale si integra alla carrure innestandosi in modo da non presentare discontinuità.
In principio fu Audemars Piguet che, nel 1972, lanciò il Royal Oak: uno shock per gli appassionati, nato perché il mercato chiedeva proprio quello, un segnatempo sportivo in acciaio, di fascia alta. La leggenda dice che Gerald Genta lo progettò in una notte, mettendo la propria firma su un’innovazione tecnica ed estetica che avrebbe rivoluzionato il concetto di sport watch.
Da lì in poi fu un fiorire di bracciali integrati in numerosi marchi dell’alto di gamma, con un’estetica che segnò quel decennio e non solo. Da qualche anno, questo bracciale è tornato protagonista, non solo sugli orologi dei top brand: segno che la bontà di un’idea trascende i tempi e gli stili. Anche quelli, lenti e compassati, dell’orologeria.
Audemars Piguet. Il Royal Oak Jumbo Extra-Thin celebra i 50 anni dello storico modello.
Bulgari. Octo Finissimo Perpetual Calendar: il più sottile calendario perpetuo sul mercato.
Hublot. Il Big Bang Integral Time Only ha cassa da 40 mm.
Patek Philippe. Il Nautilus è uno dei modelli più ambiti.
Girard-Perregaux. Nato nel 1975, il Laureato Eternity Edition è un must.
Chopard. Calibro ad altissima frequenza per l’Alpine Eagle Cadence 8hf.
Zenith. La lancetta a ore 9 del Defy Skyline misura il decimo di secondo.