Il Piemonte torna protagonista con due produttori e due vini autoctoni sul podio. Ma la Toscana resta in testa per 36 etichette a 33
Quest’anno la graduatoria di quelli che sono considerati i migliori vini italiani, la Top 100 dei rossi 2024, Gentleman l’ha compilata sommando le valutazioni delle cinque guide che li giudicano con un voto prendendoli in esame tutti, nessuno escluso. È sufficiente osservare quali sono i primi tre rossi classificati per rendersi conto che questo nuovo modo di procedere ha provocato una vera e propria rivoluzione.
Il database di Gentleman comprende tutti i vini che hanno ricevuto il massimo punteggio nelle edizioni 2024 di cinque guide: Vini d’Italia del Gambero Rosso (3 bicchieri), I vini di Veronelli (voti da 94 in su), Guida essenziale ai vini d’Italia di Daniele Cernilli (voti da 95 in su), Vitae dell’Associazione Italiana Sommelier (4 viti), Bibenda della Fondazione Italiana Sommelier (5 grappoli). Per tutti i 3.115 vini che compongono questo panel è stato som- mato il punteggio dei cinque recensori. I giudizi di Veronelli, Cernilli e Vitae sono già espressi in centesimi, negli altri casi i simboli sono stati convertiti. Per Gambero Rosso: vini dell’anno 3+=100, 3 bicchieri=97; 2 bicchieri rossi=92,5; 2 bicchieri neri=88; 1 bicchiere nero=82,5. Vitae accanto alle 4 viti esprime un voto in centesimi, mentre per gli altri giudizi si è considerato: 3+=90; 3=87; 2=84; 1=79. Nel caso di Bibenda, i 5 grappoli sono stati convertiti in punteggi da 91 a 99 (come da indicazione della stessa guida) a seconda della media voto espressa dagli altri recensori. Così per i 4 grappoli sono stati assegnati punteggi tra 87 e 90 e per i 3 grappoli di 85 punti.
Il podio 2024
Sul podio sono saliti due vini piemontesi, evento che non si era quasi mai verificato finora, e dei due a conquistare il primo posto è stato uno dei più illustri assenti delle ultime annate, Angelo Gaja, con uno dei suoi cru di Barbaresco, il Sorì Tildin 2020.
L’altro piemontese, un Barolo di Bruno Giacosa, il Falletto Riserva 2017 del Vigneto Le Rocche, si è piazzato in terza posizione, lasciando la seconda al Sassicaia 2020 di Tenuta San Guido, diverso non soltanto perché è nato in Toscana ma perché è l’unico a essere ricavato da un blend di uve alloctone, mentre gli altri due sono dei monovarietali autoctoni.
Nella Top 100 del 2023, invece, il Sassicaia era al vertice, e dietro c’erano un altro alloctono, il Montiano, Merlot laziale che adesso è in sesta posizione, e un autoctono umbro di Torgiano, il Rubesco Vigna Monticchio, oggi tra i quattordicesimi con l’annata 2019. Sì, tra i quattordicesimi perché in quella posizione ce ne sono tre, di vini: un’altra delle novità di quest’anno è l’abbondanza di punteggi a pari merito, in media ci sono tre etichette per ogni posizione.
Il grande ritorno del Piemonte
A proposito di abbondanza, il ritorno di Gaja nei 100 Top Rossi da cui era stato ingiustamente bandito negli anni scorsi è avvenuto non soltanto con la conquista del primo posto ma in misura trionfale: complessivamente i suoi vini in classifica sono quattro Barbaresco (i tre cru, Sorì San Lorenzo e Costa Russi oltre a Sorì Tildin, più quello base, tutti dell’annata 2020) e, non bastasse, c’è pure il Barolo Sperss 2019.
Anche l’altro importante produttore ignorato fino all’anno scorso e che questa volta è salito sul podio, Bruno Giacosa, è tornato alla ribalta senza esagerare: oltre al Barolo Falletto che ha conquistato il terzo posto, si è limitato a piazzare il Barbaresco Rabajà 2019 al 26° posto.
Con l’apporto di Barolo classici come l’Ornato 2019 di Pio Cesare, recuperato anche questo dopo qualche anno di ostracismo, di Barolo innovativi come il Ciabot Mentin Ginestra 2019 di Domenico Clerico e di vecchie glorie rivisitate come il Grignolino d’Asti Monferace 2018 della Tenuta Santa Caterina, il Piemonte ha finalmente una rappresentanza adeguata di 33 vini in graduatoria, che la Toscana supera ancora, ma di poco.
La Toscana tiene testa
Nelle 36 varietà toscane presenti in classifica ci sono i grandi dimenticati degli anni scorsi, il Masseto e il Solaia con l’annata 2020, ma anche tutte le storiche denominazioni d’origine: sei Chianti Classico Gran Selezione, due dei quali firmati Ricasoli, cinque Brunello di Montalcino, due Nobili di Montepulciano, un Carmignano.
Quattro Bolgheri Superiore oltre al Sassicaia e al Masseto, testimoniano un’attenzione molto vigile anche per le Doc di più recente istituzione. Logico, quindi, che tra i primi 100 rossi al Top non siano stati dimenticati i SuperTuscan che hanno avuto un ruolo nel rinascimento del vino italiano, dal Tignanello dei Marchesi Antinori al Sodi di San Niccolò del Castellare di Castellina, dal Cepparello di Isole & Olena al Lupicaia di Castello del Terriccio, e non manchino gli Igt, i rossi a Indicazione geografica tipica di nuova generazione che si sono già messi in luce, come il Merlot Baffonero di Rocca di Frassinello e il Monteverro dell’azienda omonima.
Fa piacere constatare la sostanziale sintonia dei giudizi espressi dalle guide nazionali con le scelte operate dalla critica enologica internazionale: i 20 rossi della sua graduatoria sono tutti presenti fra i Top 100 di quella italiana e sono valutati con criteri piuttosto simili.
E le altre regioni si fanno avanti
Ma a differenza della critica internazionale la top 100 rossi 2024, non è tosco-piemonte centrica. E non dimentica i cavalli di battaglia, dagli Amaroni della Valpolicella agli Aglianico del Vulture, dal San Leonardo dei Guerrieri Gonzaga in Trentino al Turriga degli Argiolas in Sardegna.
La classifica delle classifiche sa anche cogliere le nuove proposte, dal Fiorano risorto nel vigneto che era stato estirpato, nel Lazio, all’Etna Rosso dell’azienda Pietradolce, in Sicilia, ricavato da viti centenarie di Nerello Mascalese pre-filossera, quindi non innestate, coltivate nella Vigna Barbagalli, a 950 metri di altitudine sulle pendici del vulcano.