Padre Paolo Benanti, l’innovazione gentile

di Roberto Sommella

In occasione del primo summit WLeadership – La Leadership al femminile, organizzato da Class Editori per valorizzare il ruolo delle donne nella società e nel mondo del lavoro, Roberto Sommella, direttore di Milano Finanza, ha intervistato Padre Paolo Benanti, presidente della Commissione Algoritmi del Dipartimento per l’informazione e l’editoria di Palazzo Chigi che si occupa di Intelligenza artificiale (AI), sul tema dell’etica delle tecnologie.

Roberto Sommella. L’AI è un pericolo per l’umanità?

Paolo Paolo Benanti. Come ogni strumento può essere pericolosa, ma può essere un fantastico utensile per fare meglio ogni attività. Anche quando, per la prima volta in una caverna abbiamo preso in mano una clava, poteva essere un utensile per aprire più noci di cocco o un’arma per aprire più crani.

gentleman leader intelligenza artificiale padre benanti
Padre Paolo Benanti, teologo e filosofo francescano, presidente della Commissione che si occupa di AI di Palazzo Chigi, è l’unico italiano membro del comitato Onu di esperti sul tema

R.S. Può migliorare la mente e l’anima di una persona?

P.B. L’AI, come tutti gli strumenti, ha bisogno di una capacità di immaginare. Quando un artigiano prende in mano uno scalpello, vede nel legno o nel marmo la figura che poi vorrà estrarre. Senza la parte umana, la capacità spirituale di poter immaginare, difficilmente lo strumento potrà realizzare cose degne di essere ricordate, ma questa capacità di immaginare ha bisogno di rispecchiare tutta la persona umana, entrambe le parti del mondo (la donna e l’uomo) e sottolineare la leadership femminile diventa fondamentale per un futuro caratterizzato da un’innovazione tecnologica gentile.

R.S. L’AI è uomo o donna?

P.B. È neutra. È capace di portare dentro di sé l’identità di chi l’ha progettata e di chi la utilizza.

gentleman leader intelligenza artificiale padre benantiR.S. L’AI può ridurre le disparità di genere e diventare uno strumento per abbattere il famoso tetto di cristallo?

P.B. Il problema non sta nell’AI, ma nel chi la utilizza, nella parte umana. Nel passato, l’utilizzo dell’intelligenza artificiale nel recruiting, la selezione del personale, ha portato a risultati non desiderabili. L’AI considerava dettagli secondari per selezionare gli impiegati di maggiore performance; per esempio, la passione per gli sport maschili e questo ha provocato disparità di genere. Potrebbe essere utilizzato al contrario a patto che venga progettato con un design di questo tipo. Dobbiamo partire dalle fondamenta per avere un tetto dell’edificio come lo speriamo. Anche all’interno delle discipline Stem, le materie scientifiche che stanno alla base dello sviluppo di questi strumenti, è fondamentale avere un’equità di genere.

R.S. Papa Francesco è intervenuto più volte sul tema, richiamando l’esigenza di ricondurre tutta la vita attorno alla persona. Perché questa insistenza secondo lei?

P.B. Una delle grandi capacità dell’AI è di perseguire un obbiettivo come una macchina senza mai stancarsi e mai fermarsi. Alcuni colleghi che si occupano di etica dell’intelligenza artificiale sostengono che qualunque macchina, se non avesse una parte umana che le imponesse un limite, potrebbe portare al collasso della civiltà. Sono esempi fantasiosi, ma ci dicono che il buon senso, l’idea di poter interrompere il processo quando le condizioni lo richiedono, è una sapienza umana. Il luogo della sapienza è il luogo dell’uomo, per questo l’uomo è al centro del processo decisionale. Lasciare all’uomo un significativo spazio di controllo della macchina è quello che serve per lo sviluppo umano.

gentleman leader intelligenza artificiale padre benantiR.S. Quindi, conosci te stesso ma conosci i limiti della macchina.

P.B. L’uomo come elemento significativo di controllo garantisce alla macchina di avere ancora un contorno umano. Altrimenti rischiamo scene paradossali come nei film di Charlie Chaplin, dove il progresso portava all’alienazione del lavoro dell’uomo nelle fabbriche.

R.S. Lei fa parte di un importante organismo all’Onu per lo studio dell’innovazione digitale e dell’AI. Dall’altra parte dell’Oceano c’è la stessa preoccupazione che viviamo qui in Europa, dove il Parlamento Europeo ha predisposto una AI Act per ricondurre alle decisioni dei Governi tutta l’innovazione digitale?

P.B. La prospettiva offerta dalle Nazioni Unite è una prospettiva globale. Ci sono
preoccupazioni ovunque, ma con accenti diversi. C’è il Global South che è preoccupato di nuove forme di colonialismo digitale o di una non rilevanza nei dati di produzione della macchina. Altri Stati hanno più preoccupazioni geopolitiche, mentre l’Occidente vede in questo strumento un qualcosa da addomesticare ai canoni rigidi che hanno garantito ai regimi di essere democratici.

R.S. C’è anche un problema di concorrenza legato al mercato. Dietro all’AI ci sono le big tech, le società più potenti del mondo che valgono quanto la borsa o il Pil di un singolo Stato europeo. L’uso dell’intelligenza artificiale è anche un modo per sottrarsi alle regole antitrust che sottendono ai grandi campioni del mercato?

P.B. Una delle caratteristiche dell’AI è quella di non essere un prodotto commerciabile. Se commercio acciaio, mattoni o altri beni, la fisicità attraversa confini e ha una visibilità. Nell’AI parliamo di servizi che vengono erogati grazie alla presenza di Cloud o connettività. La sfida è quella di giocare una partita rispetto a beni che non godono di materialità. È necessaria una comprensione, nell’ottica del diritto, adeguata alla natura di questo nuovo strumento.

R.S. L’Italia deve dotarsi di una legge nazionale sull’AI e di un’autorità nazionale in attesa di recepire una normativa europea?

P.B. Questo è un tema politico, quello che è auspicabile da un punto di vista etico è evitare un Far West. Nello spazio vuoto di legislazione europea e nazionale, investire in questo campo diventa pericoloso perché si rischia, con normative successive, che gli investimenti possano essere danneggiati. Stabilire con piani strategici e di normazione il futuro dell’Italia sull’AI,
allineato a quello europeo, è urgente. La domanda su come regolarne l’utilizzo va rivolta a un player politico.

R.S. È più pericoloso il dominio delle macchine o delle armi? Purtroppo, ci sono scenari di guerra preoccupanti in tutto il mondo…

P.B. Più che l’AI quello che ci debba spaventare è la stupidità naturale sia che la applichiamo alle armi, sia all’AI, può fare danni. Dobbiamo ricordarci di rimanere umani all’interno di questa prospettiva.

R.S. Bisognerà un domani immaginare qualcosa che garantisca la parità di genere tra uomo e macchina?

P.B. La macchina è al servizio dell’uomo. Il termine robot nella sua radice significa schiavo. C’è una differenza radicale tra l’essere umano che esiste e una macchina che funziona. Non dimenticare questa differenza è la radice per uno sviluppo rispettoso della dignità umana.

R.S. Francesco d’Assisi avrebbe dialogato con ChatGpt?

P.B. Ci sono ancora tanti lupi prima di arrivare a ChatGpt.

gentleman editoraile aprile 24

Iscriviti alla nostra newsletter per essere aggiornato
sul lifestyle del Gentleman contemporaneo