Che fine ha fatto il design industriale?

di Marion Tanner

In un’epoca in cui la ricerca dell’innovazione e della sostenibilità è cruciale, il design industriale continua a giocare un ruolo fondamentale nel plasmare il futuro, guidando il progresso verso un mondo più funzionale, esteticamente appagante e eticamente responsabile

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Piano a induzione SaphirMatt di Aeg

Nell’immenso universo della creatività, c’è un’arte sottile che siede silenziosa, ma potente, nell’ombra: il design industriale. Il genio creativo che trasforma gli oggetti quotidiani in opere d’arte funzionali, fusi con una maestria che sposa estetica e praticità. Antenato dell’intelligenza artificiale applicata al lavoro dell’artigiano. Proprio perché si concentra sulla progettazione di prodotti destinati alla produzione in serie e al mercato di massa. E ha una relazione biunivoca tra ingegneria e progettazione ed esigenze dell’utilizzatore finale. Per dirla in due parole è quell’arte che dà vita a cose belle e utili.

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Frigorifero di Smeg

L’industrial design non è un’arte nata da una notte senza luna. Ha le sue radici nella rivoluzione industriale del XIX secolo, quando la produzione di massa ha aperto nuove porte all’arte e alla creatività. In Italia c’è un punto di svolta da segnare su un calendario immaginario, quando alla VII Triennale di Milano, nel 1940, fu esposta una serie di oggetti realizzati da un avanzato artigianato meccanizzato, in occasione di una Mostra internazionale organizzata da Giuseppe Pagano Pogatschnig architetto, designer e teorico, nella quale, per la prima volta, si utilizzò il termine produzione di serie.

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Radiatore di Tubes disegnati da Ludovica Serafini e Roberto Palomba

Data emblematica, proprio per il disegno industriale italiano, anche se la ricerca progettuale degli anni precedenti era già stata molto interessante, pur in assenza delle sollecitazioni e della sinergia con l’industria. Si deve ai Futuristi e la prima riflessione di fatto sul rapporto arte-artigianato-industria. Di fatto, la storia e le fortune del design made in Italy coincidono con la storia e i luoghi del processo di industrializzazione italiano.

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Macchina per caffè di Gaggia

Negli anni Cinquanta, si evidenzia una «vera e propria coscienza del concetto di industrial design» (Gillo Dorfles) quando ci si trova in presenza di  un processo progettuale che contempli la produzione in serie, sia essa di scala piccola o grande. Momento che coincide con la nascita dell’artigiano meccanizzato. Un fenomeno particolarmente radicato e prolifico nell’area intorno a Milano e nel Nord Italia. Una regione in cui c’è stato un allineamento magico tra elementi estetici e progresso. Riflettendo sul panorama internazionele l’amore per la bellezza e per il saper fare bene,  intrinseci nel dna italiano.

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Piano a induzione SaphirMatt di Aeg

Icone del design industriale, come la sedia Wassily di Marcel Breuer o la lampada Tolomeo di Michele De Lucchi, testimoniano la capacità di trasformare materiali grezzi in opere d’arte funzionali.

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Lampada Tolomeo di Artemide

Ma l’eredità design industriale non è solo fatta di storie passate; è una storia in continua evoluzione, con nuovi miti che sorgono regolarmente per plasmare il nostro mondo moderno. Ed è sorprendente come la ricerca dietro brand come Aeg con i suoi nuovissimi piani a induzione in nero matt, dove funzionalità, risparmio energetico e estetica trovano un equilibrio perfetto.

Armadio RefreshButler V6000 di Frigo 2000

Gaggia con macchine per caffè, Bang & Olufsen eccellenza nel design audio, brand che unisce prestazioni audio eccezionali con estetica di alto livello. Apple, con il suo approccio minimalista e intuitivo, ha ridefinito il concetto di prodotti tecnologici di lusso trasformando la quotidianeità.

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Beosound Theatre di Bang&Olufsen

Eppure, nonostante la sua importanza e la sua influenza pervasiva, l’industrial design rimane sorprendentemente sottovalutato.  Se ne parla sempre troppo poco. Vittima dell’indifferenza dello sguardo, si nasconde dietro la facciata degli oggetti quotidiani, che nella frenetica corsa verso il futuro, che dà per scontato il lavoro meticoloso che si nasconde dietro ogni prodotto di uso comune.

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Moka Express di Bialetti è ancora uguale al design originale del 1933

Ed è proprio questa sottovalutazione, che lo rende così vitale e affascinante. Perché è  l’arte che trasforma il banale in sublime, l’ordinario in straordinario. Perché è una forma d’arte che arriva a tutti e avvolgendo la quotidianità di ognuno.

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iPad mini di Apple in versione mixer

Allora si potrebbe dire che sia l’anima stessa del lusso, quello di saper fare bene cose belle e utili, che si manifesta attraverso oggetti che sono creatori di esperienze che coinvolgono più sensi. Si pensi a un paio di auricolari, una macchina per il caffè. Si dovrebbe quindi dare all’industrial design il riconoscimento che merita, celebrando la sua grandezza silenziosa e il suo impatto duraturo sul mondo moderno.

gentleman editoraile aprile 24

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