L’arte americana a Firenze

di Giuliana Di Paola

American Art 1961-2001 a Palazzo Strozzi fino al 29 agosto va in scena l’arte contemporanea made in Usa con 80 capolavori, da Andy Warhol a Kara Walker

l'arte americana a Firenze
Andy Warhol, Sixteen Jackies, 1964 (acrilico e smalto su tela, 204,2 x 165,9 cm).

A Firenze va in scena l’arte americana. Quattro decenni condensati in 80 capolavori da Andy Warhol a Kara Walker. La mostra di Palazzo Strozzi, aperta fino al 29 agosto, è infatti resa possibile grazie alla collaborazione di Arturo Galansino, direttore generale della Fondazione Palazzo Strozzi, con uno dei grandi talenti italiani prestati oltreoceano, Vincenzo De Bellis, Curator and Associate Director of Programs, Visual Arts del Walker Art Center di Minneapolis, uno dei più prestigiosi poli dell’arte contemporanea.

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Robert Indiana, The Green Diamond Eat the Red Diamond Die, 1962 (olio su tela, 215,9 x 215,9 cm cad).

I quattro decenni di Arte americana 1961-2001, non sono scelti a caso, ma rappresentano un netto spartiacque per la cultura d’Oltreoceano. Uno spaccato di storia che inizia nel 1961 con il giuramento da presidente di John F. Kennedy con il mitico discorso passato alla storia per la frase «Non chiedete cosa può fare il vostro paese per voi, chiedete cosa potete fare voi per il vostro paese». E finisce con il drammatico attacco dell’11 settembre di cui quest’anno ricorre il ventennale. Nel mezzo c’è l’ascesa dell’America a superpotenza politica e militare, ma soprattutto culturale.

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Andy Warhol, Campbell’s Tomato Juice Box, 1964 (vernice sintetica, serigrafia su legno, 25,4 x 48,3 x 24,1 cm).

Centrale naturalmente la figura di Andy Warhol presente in mostra con ben una dozzina di opere, dal ritratto in lutto di Jackie Kennedy, fino alla famigerata zuppa Campbell’s icona della Pop Art insieme alle opere altrettanto impresse nell’immaginario collettivo di Roy Lichtenstein e Claes Oldenburg. Ma nella sala Pops si trova anche Robert Indiana più esplicito nel criticate la cultura del consumismo e della mercificazione.

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Roy Lichtenstein, Artist’s Studio No. 1 (Look Mickey), 1973 (olio e sabbia su tela; 244,2 x 325,4 cm).

Gli anni 60 sono anche rappresentati da Donald Judd, Robert Morris, John Baldessari, a Merce Cunningham e alla sua rivoluzione del mondo della danza è dedicata invece un’intera sezione della mostra con le collaborazioni prestigiose di Robert Rauschenberg e Jasper Johns. Il percorso espositivo prosegue seguendo il doppio criterio tematico e cronologico per cercare di dare conto di quella straordinaria meltin’ pot che è la cultura made in Usa.

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Richard Prince, Untitled (Cowboy), 1980–83 (stampa cromogenica, 61 x 50,8 cm).

Si passa dal Minimal di Donald Judd, Richard Serra e Frank Stella all’arte concettuale di John Baldessari e Sol LeWitt, dalle video-performance di Bruce Nauman ai ritratti di Robert Mapplethorpe, fino ad arrivare all’arte di denuncia, dallo stigma dell’Aids di (Felix Gonzalez-Torres), che ha segnato una generazione di artisti, al ruolo della donna (Cindy Sherman).

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Kara Walker, Cut, 1998 (carta ritagliata; 223,5 x 137,2 cm).

Nella patria del meltin’ pot, l’identità americana è un grande catalizzatore di attenzione. Non soltanto per per la comunità afroamericana quali Kerry James Marshall e Glenn Ligon Il topos è infatti centrale nell’opera di artisti come Paul McCarthy, Mike Kelley, Jimmie Durham e Gary Simmons. Il tema della discriminazione razziale e sessuale è il filo conduttore dei lavori di Kara Walker, di cui è data ampia documentazione. Caratteristico il suo uso delle silhouette, delicate sagome nere di carta ritagliata usate per le sue forti opere di denuncia.

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Gary Simmons, Us and Them, 1991 (accappatoi in cotone ricamato, appendiabiti, ganci, edizione: 1/3, 121,9 x 66 x 1,3 cm cad).

American Art 1961-2001

fino al 29 agosto

Palazzo Strozzi, Firenze

 

 

gentleman editoraile aprile 24

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