Una villa tra cielo e mare

di Cristina Cimato

A Clifton, famosa località di mare di Cape Town, alle pendici del Lion’s Head, l’architetto Stefan Antoni ha progettato la sua villa

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Ai piedi ci sono le spiagge di sabbia bianchissima affacciate sull’Oceano e alle spalle la vetta del monte Lion’s Head. Nel mezzo, una delle sfarzose ville di Clifton, sobborgo extra-lusso di Città del Capo, in Sudafrica, dove si è concretizzato il sogno progettuale e di vita dell’architetto Stefan Antoni. Già founder con un gruppo di soci dello Studio Saota, qui ha creato la sua casa di famiglia, dove vive con la moglie Carla e i figli Gia e Luke.

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Giunto a Nettleton road per fare un sopralluogo per conto di un cliente, ha individuato un lotto di terra in vendita che è diventato non solo una villa di grande charme su più livelli e con una vista da capogiro sull’orizzonte, ma anche un laboratorio di progettazione sperimentale.

Il disegno è partito da un principio cruciale, ossia porre la dimora in relazione con la montagna. La pendenza che dapprima sembrava un limite si è rivelata un punto di forza quando è stata ribaltata la prospettiva costruttiva usuale, ossia capovolgendo gli spazi: la zona giorno di grande ampiezza occupa il livello più alto, mentre le stanze sono sotto.

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Elevando l’area living e arretrando la struttura abitativa via via che l’edificio saliva, l’architetto ha potuto creare così un giardino dietro il soggiorno, all’ultimo livello, che collega la casa direttamente al rilievo montuoso.

«Per me era molto importante avere una zona verde con un prato e gli alberi perché ho un figlio di 10 anni e con lui gioco a calcio, cricket o rugby», racconta Stefan Antoni.

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La zona giorno ha una disposizione a zig-zag, una parte di essa affaccia su di una piscina a sfioro che assomiglia a un’isola a sé e che si raccorda idealmente al blu del mare. Le grandi vetrate offrono un continuum tra interno ed esterno e danno la sensazione di un’area quasi galleggiante. Il gioco di collegamenti verticali e di volumi attraversa tutto il progetto, suddiviso idealmente in quattro parti, e fa da collante a tutti gli spazi della villa.

Lo zoccolo più basso ospita il garage e l’ingresso, poi ci sono una porzione che contiene gli alloggi per gli ospiti e il corpo centrale con un’area gioco e Spa e, sopra di esso, le camere collegate da una struttura a doppio volume di 12 metri di altezza. In alto, salotto, cucina e sala da pranzo.

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«Vogliamo essere parte di un’esperienza ampia e corale», ha precisato l’architetto.

La facciata esterna della zona sottostante al living, realizzata con una lastra di alluminio tagliata al laser, unisce la casa e la consolida. Ma le conferisce anche un’interpretazione grafica astratta della «vegetazione e del paesaggio intorno alla montagna», enfatizzando il desiderio dell’architetto di realizzare un edificio dalle qualità primordiali.

«Amo i monumenti e le aree grezze. Ho scelto di usare materiali naturali che scolpissero lo spazio e che permettessero una coesistenza tra dentro e fuori».

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Cemento, legno, vetro e lucernari per far entrare il sole compongono l’involucro ideale per un arredamento arioso, definito dall’accordo tra il bianco e i colori puri. Una parete del living è dedicata interamente alle maschere africane, mentre numerose opere d’arte popolano gli angoli interni della magione, come gli arazzi dell’artista Cecil Skotnes, i lavori di Kevin Brand e David Brown, ma anche la sedia-cocoon Blowfish, realizzata dall’irriverente designer Porky Hefer, nonché una replica della famosa scultura Love di Robert Indiana, alloggiata sopra il camino.

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La dimora sembra una casa-museo in cui converge tutta la passione collezionistica del proprietario e della sua famiglia. Tra i pezzi di design più significativi ci sono le poltrone Shell Chair di Hans Wegner per Carl Hansen & Søn, le sedie Juno di James Irvine per Arper, la Bird Chair di Harry Bertoia per Knoll e la lampada Atollo di Oluce, disegnata da Vico Magistretti.

«L’arte e l’architettura si esaltano reciprocamente, compensandosi a meraviglia», racconta Stefan Antoni.

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La sua casa è diventata così anche un viaggio di scoperta, un’occasione per perseguire la propria estetica e gusto, senza vincoli metodologici e con il solo fine di creare un posto che gli somigliasse fino in fondo. Non solo un edificio, ma un’esperienza architettonica.

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