È il titolo della mostra con cui il Molteni Museum rende omaggio alla creatività dell’architetto Aldo Rossi e al primo progetto realizzato quarant’anni fa con l’amico e collega Luca Meda: la sedia Teatro del 1982.
Una citazione con cui l’architetto rievoca poeticamente la storia di Pinocchio. «Quando disegno un mobile mi ricordo sempre di quello strano pezzo di legno che poteva diventare un mobile, poi fu destinato a essere un burattino, e infine divenne Pinocchio. Certo si trattava di un legno geniale, ma non è escluso che queste cose succedano», affermava Aldo Rossi.
L’allestimento.
Firmata da Ron Gilad con la collaborazione scientifica della Fondazione Aldo Rossi, la nuova veste del Museo riunisce per la prima volta i mobili, i disegni, i documenti e le testimonianze visive e scritte della collaborazione tra l’architetto, vincitore del Pritzker 1990, e il Gruppo Molteni, materiali provenienti dalle collezioni del Museo e dagli archivi aziendali.
Uno scambio che ha portato sia alla realizzazione di mobili iconici e sorprendenti,
come la poltrona Parigi (UniFor, 1989) e il mobile Piroscafo (Molteni&C, 1992), sia a
pezzi emblematici per il loro stretto rapporto con l’architettura di Rossi.
Tra questi, la serie Capitolo, il secretaire Carteggio, il sistema componibile Cartesio e il tavolo Consiglio, che costituiscono un «catalogo di elementi architettonici» alla base della progettazione di Rossi.
In alcuni pezzi emerge proprio il senso più poetico dell’architetto, che attinge alla memoria di sedute classiche per l’ideazione della sedia Milano (Molteni&C, 1987), ispirata alla struttura ossea del corpo umano o animale. Ancora, con la scrivania Papyro
(Molteni&C, 1989), Rossi costruisce intorno alla figura uno spazio avvolgente e dedicato allo studio, alla lettura e al disegno.
I mobili di Molteni&C e UniFor esposti sono edizioni d’epoca di progetti ancora in
produzione o rieditati recentemente o ancora fuori catalogo, ma sempre presenti nella
memoria dell’azienda e nelle collezioni del Museo Molteni.
Legami stretti.
Oltre al pensiero autobiografico, lirico e giocoso che Rossi ha dedicato a ogni pezzo,
la mostra racconta anche lo scambio tra il progettista e i team che con lui hanno
interpretato pensieri e progetti per realizzare gli oggetti.
Gli stessi che hanno contribuito all’esecuzione di mobili ideati appositamente per le architetture di Rossi, dal Teatro Carlo Felice di Genova al Bonnefanten Museum di Maastricht, o alla costruzione di allestimenti delle sue esposizioni personali, su tutte quella del Centre Pompidou di Parigi.
Una collaborazione ininterrotta dal 1979 al 1997, che continua oggi nella presenza di
«questi mobili o architetture», diceva Rossi, «pensati perché rimanessero fuori dal
tempo e non costruiti per la moda».