Paul Harding: Bestseller a suon di batteria

di Stefania Cubello

Premio Pulitzer con il suo romanzo d’esordio, L’ultimo inverno, Paul Harding chiude ora la trilogia e si racconta attraverso le sue passioni: la musica, gli orologi e Roma

 gentleman le 7 meraviglie le passioni di Paul Harding @Ekko von Schwichow

@Ekko von SchwichowCon il suo romanzo d’esordio, nel 2010, Paul Harding ha vinto il Premio Pulitzer. L’ultimo inverno era l’inizio di una trilogia, proseguita nel 2013 con Enon, dal nome originale della cittadina dove Harding è nato 56 anni fa, ora Wenham, Massachusetts. Ora ha chiuso la saga con l’ultimo libro, Un altro Eden, in uscita a marzo con Neri Pozza.

La storia prende ispirazione da fatti realmente accaduti: nel 1912, i residenti di Malaga, isolotto di pescatori al largo del Maine, furono sfrattati dallo Stato. L’area era uno dei primi centri urbani etnicamente diversificati nel Nord-est degli Usa, grazie a un ex schiavo, Benjamin Darling, che si trasferì nel 1794 con la moglie irlandese. Nel 2010, il governatore del Maine si è scusato ma il piccolo Eden ormai era scomparso.

Ex batterista nei Cold Water Flat, gruppo grunge fondato negli anni dell’università, sull’onda del fenomeno Nirvana, dopo la laurea in inglese, un master in narrativa, Paul Harding ha intrapreso la carriera accademica come insegnante di scrittura creativa a Harvard e oggi alla Stony Brook University. Ma con la musica Harding non ha mai davvero rotto: mentre parla del nuovo libro, che in Italia esce a fine marzo, alle sue spalle nella casa a Long Island, troneggia una splendida batteria.

1. Charles Ethan Porter. 

Adoro i suoi dipinti. Era specializzato in nature morte, e il suo realismo meticoloso era sempre carico di colori vivaci. Ed è stato il primo afroamericano, nell’800, a frequentare la National Academy of Design di New York. La sua vita e la sua opera mi sono stati d’aiuto per scrivere, anzi, pennellare l’ambiente di Un altro Eden.

2. Rothko.

Quando guardo certi suoi quadri mi sento come a casa, mi ricordano i colori e la luce, i paesaggi del New England.

3. Roma. 

Sono un ragazzo di provincia, cresciuto in una cittadina del Massachusetts a una ventina di chilometri a nord di Boston. Enon è il nome coloniale del villaggio da dove vengo. È curioso, ogni volta che ho l’occasione di viaggiare, anche a livello internazionale, spero sempre di finire in qualche posto isolato. Quando vengo in Italia, per presentare i miei libri, cerco di fermarmi a Roma all’Hotel Locarno, di cui mi sono innamorato. È un posto speciale, un altro mondo.

4. La musica. 

È sempre molto presente nella mia vita. La pandemia mi ha dato la scusa per comprare una nuova batteria, quella che si vede alle mie spalle, e tenermi così impegnato durante il lock down. Alla fine, credo di non averla mai suonata così bene neppure quando stavo con i Cold Water Flat. Mi guida anche quando scrivo, la struttura stessa del romanzo, a tratti, è infatti come un pezzo musicale, ha un suo ritmo ed è proprio il batterista a scandirlo all’interno della band. Diciamo che «scrivo a orecchio». Ho una profonda ammirazione per il jazz ed Elvin Jones, batterista di John Coltrane di cui amo l’album A love supreme, un capolavoro. Ma ascolto anche Rolling Stones, in particolare Exile on Main St, e qualsiasi cosa di Beethoven.

5. Leggere.

Mi piace da sempre, i libri sono la mia passione dai tempi del liceo. Amo i classici, non conto più le volte che ho riletto Moby Dick. Nei miei corsi di scrittura, però, faccio studiare anche Il Vecchio Testamento e Shakespeare, che mi fanno vedere quanto abbiano influenzato il capolavoro di Melville. M’interessano anche i realisti magici, come Julio Cortazar e Carlos Fuentes, ed Emily Dickinson, le cui poesie hanno una densità trascendentale.

6. Marilynne Robinson. 

Fra gli autori contemporanei, non posso non citarla. Siamo molto amici e le devo molto. Consiglio qualsiasi suo titolo da Gilead, con cui ha vinto il Pulitzer, a Padrona di casa. Poi, aspetto con trepidazione ogni nuovo romanzo di Edward P. Jones, che considero un genio assoluto, Lost in the city, Il mondo conosciuto, Tutti i figli della zia Agar.

7. Gli orologi.

L’ultimo inverno prendeva spunto dalle storie di famiglia che mi raccontava mio nonno materno, in particolare sulla sua vita nel Maine, dov’è cresciuto. A 12 anni, il padre abbandonò lui e la famiglia e i continui riferimenti agli orologi arrivano dal fatto che mio nonno commerciava e riparava orologi antichi. Sono stato suo apprendista per diversi anni. Appeso alla parete di casa conservo con gelosia un orologio fatto da Samuel Habit, era di mio nonno, spunta sempre fuori nelle foto di famiglia quand’ero piccolo.

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