Andy Warhol incontra gli etruschi

di Michela Zucconi
Le sale ipogee sono caratterizzate da 30 mila conci di pietra serena tagliati al laser per formare le cupole.

Pronti a scendere in un misterioso mondo ipogeo per poi risalire verso la luce? Dove? Nel museo d’arte della Fondazione Luigi Rovati nello storico Palazzo Bocconi-Rizzoli-Carraro, in Corso Venezia, di fronte ai Giardini Montanelli, a Milano.

Un’impresa orchestrata da Lucio Rovati, scienziato e grande amante dell’arte etrusca e dalla moglie Giovanna Forlanelli presidente della fondazione, fondatrice della casa editrice Johan & Levi e collezionista di arte contemporanea.

A ognuno le sue preferenze. Collezionare è del resto un affare di famiglia. Il capostipite Luigi, medico, ricercatore e fondatore dell’industria farmaceutica Rottapharm, era dedito all’arte classica.

L’idea del museo privato è nata con l’acquisto nel 2016 di una preziosa collezione di vasi etruschi, con l’intenzione di metterla a disposizione del pubblico insieme alle opere acquisite in precedenza.

Il tocco di Mario Cucinella Architects ha reso possibile la realizzazione dell’ambizioso progetto che unisce spazi di architettura contemporanea e ambienti già tempio alto borghese. “Due luoghi con narrative diverse che si incontrano, in equilibrio tra lo spazio emozionale dell’architettura e gli oggetti stessi”, spiega l’architetto Cucinella.

warhol incontra gli etruschi
Sala Ontani.

Curatore del concetto museografico è l’archeologo e storico Salvatore Settis, che ha introdotto lungo il percorso espositivo incursioni nell’arte di oggi, per proporre un viaggio attraverso i secoli e un continuo dialogo tra presente e passato, tra archeologia e opere contemporanee. Le sale ipogee – tre circolari e una ellissoidale – possono suggerire un vago richiamo alle necropoli di Cerveteri e Tarquinia, ma è solo una citazione, tradotta in 30 mila conci di pietra serena tagliati al laser per formare le cupole.

Un lavoro lunghissimo e altamente tecnologico. Nell’atmosfera rarefatta, dalle luci soffuse, spiccano le teche con i loro tesori: vasi di bucchero (la caratteristica ceramica etrusca nera e lucida), oggetti e gioielli, bronzi, tra cui il Guerriero Cernuschi, simbolo del museo, accostati a opere di William Kentridge, Lucio Fontana, Arturo Martini e Picasso.

Al Piano Nobile un cambio di ritmo. Nell’appartamento, già di Angelo Rizzoli, tutto è  conservato e minuziosamente restaurato: carte da parati, boiserie e specchiere del Settecento, pavimenti e camini in marmo.

Archeologia e modernità
Sala Paolini, CIppo.

Gli ambienti progettati a suo tempo da Filippo Perego sono stati recuperati e ridisegnati per creare uno spazio espositivo d’avanguardia in cui prosegue il dialogo tra antichità e contemporaneo. Andy Warhol con la tela The Etruscan Scene: Female Ritual Dance (1985), le polaroid della serie Etruschi (1984) di Paolo Gioli con gli acquarelli di Augusto Guido Gatti (1863-1947) che riproducono pitture delle tombe di Tarquinia.

Altri artisti come Luigi Ontani, Giulio Paolini, Marianna Kennedy e Francesco Simeti si alternano nelle altre sale in coabitazione con reperti etruschi e a prestiti temporanei come la Lanterne à quatre lumières (1983) di Diego Giacometti, fratello di Alberto, commissionata dalla collezionista americana Rachel Lambert (Bunny) Mellon. In tutto le opere etrusche esposte sono circa 250, su cinquemila. Le restanti vengono custodite in un altro piano sotterraneo e saranno esposte a rotazione.

Archeologia e modernità
Sala Warhol con The Etruscan Scene: Female Ritual Dance (1985).

“Le diverse componenti dell’allestimento hanno l’obiettivo di creare un continuum narrativo nel dialogo per opposizioni o contiguità tra antico e contemporaneo, dal Piano Ipogeo a quello Nobile”, racconta Giovanna Forlanelli, presidente della Fondazione, che ha concepito il museo come luogo di ricerca e conoscenza, sempre aperto agli studiosi.

Al pianoterra, a disposizione di tutti, si trova il giardino storico del palazzo restaurato, il padiglione espositivo dedicato a progetti temporanei e il punto vendita di Johan & Levi, che funge anche da shop del museo. Ciliegina sulla torta, il bistrot dello chef stellato Andrea Aprea, che all’ultimo piano ha aperto anche il suo nuovo ristorante. Cultura e alta cucina in binomio virtuoso.

gentleman editoraile aprile 24

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