Matteo Marzotto: l’eleganza è uno stile di vita

Esprimere se stessi con garbo, senza ostentazione. E con un sorriso irresistibile. L’imprenditore Matteo Marzotto racconta se stesso e apre le porte del suo guardaroba

Una passione per la natura, lo sport e… il blazer. A scuola di eleganza non ha avuto bisogno di andare: il suo modello era il nonno, il conte Gaetano. Il suo laboratorio d’idee erano le industrie tessili di famiglia. Esperienza e conoscenza che Matteo Marzotto ha messo in campo nella fondazione MinervaHub, di cui è presidente, una piattaforma che riunisce una decina di aziende della filiera dell’accessorio, ciascuna ad altissima specializzazione e qualità. La selezione la fa personalmente, viaggiando in tutte le regioni d’Italia, e il primo semestre del 2023 è dedicato a nuove acquisizioni e all’ingresso di partner finanziari per valorizzare la ricchezza della filiera Made in Italy.

Sorriso irresistibile, Matteo Marzotto, classe 1966, ironizza con la sua età: «Invecchiando, il percepito che ciascuno ha di se stesso può radicalmente cambiare. Non mettersi in discussione complica troppo la vita!». Tanto che, da quasi 15 anni, ha rinunciato alla sua passione per i motori per guidare un’auto ibrida a basso consumo di CO2. Per lui, come racconta a Gentleman, oltre all’abito c’è un’altra forma di eleganza: la gentilezza, una virtù nobile e a basso costo. Da adottare come stile vita.

Gentleman. Chi è il suo sarto?

Matteo Marzotto. Al momento sono io. Ne ho avuto uno per 30 anni, eravamo molto legati, purtroppo non c’è più… Oggi so cosa voglio, che cosa mi piace e lo sto trasmettendo a un giovane sarto che potrebbe diventare quello di fiducia. So, per heritage famigliare, che ogni tessuto ha le sue performance. Non sono tutti uguali grazie a dio.

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foto di Dario Raimondi

G. Che cosa non può mancare nel suo guardaroba?

M.M. Una giacca tutti i giorni. Il blazer è fondamentale, quanto mettersi una camicia o l’intimo. Sia d’inverno che d’estate. Mi dà serenità e sicurezza, perché ha le tasche. In versione scura quasi sempre. Prevalentemente a un petto, con revers a lancia, ma anche tradizionali. La spalla deve essere vuota, avere 18 cm di fondo manica perché non piace vedere le maniche che “ballano”, non amo la fodera nelle maniche. È un periodo della mia vita in cui mi piace avere un bottone solo, al petto. Sono innamorato della giacca scura perché sta sempre bene, con il pantalone grigio di lana, jeans e i chino.

G. E gli abiti?

M.M. Ho una grande passione per gli abiti, ne ho molti, indosso anche quelli vecchi che trovo sempre molto fascino. Ho un debole per i gessati, abbastanza larghi, superiori ai due centimetri e mezzo con righe più segnate. Ho una antico amore, essendo vecchio, per le giacche e gli abiti blu a doppiopetto.

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foto di Giovanni Gastel

G. In che cosa le piace osare?

M.M. Con le fantasie, ma con moderazione. Camicia a righe con abito gessato e cravatta regimental. Quadri su abito, camicia e cravatta. Bottoni preziosi sul blazer: ne ho alcuni di Damasco che sono introvabili e bellissimi, è come indossare dei gioielli. Ho una passione per le scarpe, ultimamente per quelle da barca. E poi, le camicie a righe con bacchetta rossa e blu; a quadri e bianca, ma senza cravatta. Le cravatte in generale ne ho 100, sono sempre eleganti e sistemano il look sempre.

G. Veste spesso giacca e camicia quindi?

M.M. D’inverno anche il maglione sotto giacca, molto leggero di lana merino perché mi dà un senso di comfort e calore. Ne ho uno sempre con me.

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foto di Karl Lagerfeld

G. Ha un’attenzione particolare anche per i tessuti degli abiti?

M.M. Prediligo la lana, i cosiddetti peli pregiati li utilizzo in mischia e solo sulle giacche, mettere il cashmere su un pantalone per me non ha molto senso. Indosso tessuti battuti e piuttosto secchi al tatto perché hanno una performance migliore e, a fine giornata anche se stai molto seduto in auto, sei come nuovo.  Una bella tela un po’ più pesante con un filato un po’ più ritorto, garantisce traspirabilità e una leggerezza fantastica, e con il caldo anche sudandoci dentro non si ha l’effetto stropicciato che io detesto. È una bugia tecnica che d’estate si debbano mettere tessuti trasparenti e leggeri, si possono tenere pesi maggiori e con una struttura di tessuto diversa.

G. Quindi niente lino…

M.M. Solo nelle camicie e in mischia nei blazer, non ho pantaloni in lino. A essere sincero lo amo nelle lenzuola.

G. Parlando di capispalla?

M.M. Il cappotto. Lungo, non deve essere mai meno di 10 centimetri sotto il ginocchio. Ho una predilezione per la martingala perché segna un po’ la vita e per i bottoni sulle maniche. Mono e doppio petto, ultimamente ritiro fuori i monopetti. Indosso anche outwear più tecnici, trench con fodera in Goretex o gilet sopra la giacca. Raramente i piumini e in occasioni decisamente sportive. È raro che io trascorra una giornata senza una giacca.

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G. Le sue icone?

M.M. Re Carlo su tutti, fin da giovane era un uomo elegantissimo. Clark Gable, sempre impeccabile. Mio nonno Gaetano. E poi Giovanni Agnelli. Le sue eccentricità erano divertenti anche se a volte un po’ esagerate. E poi Robert Redford.

G. Che cosa nota in una persona?

M.M. Non sono abituato a giudicare dall’abito. Perché l’abito è la proiezione di quello che ognuno di noi sente di poter mostrare. In fondo è una forma di protezione e una dimostrazione di una debolezza. Contrariamente a quello che si possa pensare. Personalmente non metterei mai i calzini bianchi, quindi sì, quelli li noto! Sorrido quando si ostenta una certa affettazione, e penso che se un uomo è pulito va sempre bene. 

G. E parlando di qualità interiori?

M.M. Venero il garbo, la gentilezza e una certa schiettezza. Scopro sempre di più che c’è un sottile piacere nell’esercitare potere, un generale cinismo strisciante che mi ripugna. Noto, e apprezzo, le persone che ti guardano negli occhi e ti dedicano un’attenzione sincera e umana. La prepotenza mi fa orrore e la falsità mi manda al manicomio.

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G. Allora l’abito fa il monaco?

M.M. Assolutamente sì!

G. Aneddoti legati a questi splendidi uomini

M.M. Penso a mio zio Giannino che nel 1953 ha vinto una Mille Miglia in giacca pied de poule, gilet di lana, cravatta e pantalone in flanella. Impeccabile. La percorse tutta a 160km all’ora su una meravigliosa Ferrari (340 mille miglia) che si era disegnato e fu costruita in pezzo unico per lui. Non so dirle il perché abbia deciso di vestirsi da businessman.

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Gaetano Marzotto

G. Che auto le piace guidare?

M.M. Ibride, che non superano la produzione di 180 gr di Co2 per chilometro, di piccola cilindrata. Vado piano, mi piace consumare poco e sono un consumatore informato. Mi sono precluso la gioia della macchina prestante, le ho avute nel passato ora penso all’ambiente.

G. Più che una scelta uno stile di vita?

M.M. Lo è sempre stato. È troppo facile dirlo adesso, e le questioni ambientali sono fatti che mi turbavano già più di vent’anni, da quando ero molto più giovane. Le regole economiche ci hanno abituato a delle cose che non sono sostenibili. Bisogna prenderne atto e fermarsi. Come l’esigenza di viaggiare tanto low cost, è una cosa a cui a volte si può rinunciare senza danni.

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foto Giovanni Gastel

G. Il suo viaggio ideale? 

M.M. Viaggiare è sempre una gioia. L’ideale è una meta dove c’è tanta natura, che sia un bel mare o una bella montagna. Dove c’è profondità, respiro, il bello da guardare.

G. Marzotto in cucina?

M.M. Amo mangiare, mi piace molto. Contestualmente ho una passione per la nutrizione. E mi piace cucinare, per tradizione i maschi Marzotto, sanno fare da mangiare bene. Io sono forte nelle paste nelle carni e nei risotti.

G. Il piatto a cui non riesce a dire no?

M.M. Aglio olio e peperoncino anche se la pasta la gestisco con attenzione. E un piatto che mi faceva la mia tata, il girello di maiale alla panna. La mia Madeleine.

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foto Alfonso Catalano

G. La passione per il rosso da dove viene?

M.M. Ecco questo è il mio vezzo, ho una ricetta personale per il mio rosso. Biciclette, moto auto, elicottero, auto, barca, ufficio dipingo tutto di rosso. Non lo indosso molto, solo accenni nelle camicie e nelle cravatte, ma mi ci immergo per il resto della mia quotidianità. Vivo dentro il rosso. Fin da bambino. Ma non ne conosco il motivo.

gentleman editoraile aprile 24

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