Speak easy

di Di Claudio Costa - Illustrazione di Chris Burke

Settecento anni fa moriva Dante Alighieri, padre della lingua italiana. In grave crisi, dicono, per colpa di un altro genio, William Shakespeare…

Sarà una valanga di celebrazioni. Conferenze, mostre, attrazioni museali, percorsi turistici, libri ed eventi d’ogni genere. Da Paper Dante della Disney al Riveder le stelle degli Uffizi, tutto per i 700 anni dalla morte di Dante Alighieri, padre fondatore e nume tutelare della lingua italiana. Perché, come spiegano i filologi più disinvolti, il dialetto fiorentino del ’300 è diventato l’ossatura dell’italiano moderno, prevalendo sugli altri dialetti sparsi nella Penisola, proprio grazie alla potenza artistica e al successo della Divina Commedia.

Insomma, se Dante fosse nato a Milano probabilmente oggi parleremmo su impianto lombardo e i versi iniziali (in una traduzione di tal Francesco Candiani a metà Ottocento) forse suonerebbero: «A mitaa del viagg che a poch a poch/femm tuc al mond de là, mi me sont pers / in d’on bosch inscì scur e spess de broch /che de desvèrgem no trovavi el vers».

Se rallegrarsi o meno che le cose siano andate proprio così,
è questione di campanilismi superati.

Oggi a sfidare l’italiano non sono i dialetti ma, a detta dei puristi, l’influenza dell’anglosassone. Una lingua che a sua volta venera un nume tutelare, William Shakespeare, da molti considerato il padre dell’inglese moderno (proprio come Dante per l’italiano) grazie alla genialità dell’opera letteraria.

Da lifestyle a performance, da fiction a premier, da share a stalking,
da location a mail, gli anglicismi sono il new normal.

Questione di snobismo o complesso d’inferiorità, lamenta qualcuno. Questione di soft power cultural-economico-tecnologico, sostengono altri. Può consolare il fatto che i puristi d’Oltremanica a loro volta si lamentano dell’imbarbarimento dell’inglese dovuto, paradossalmente, al successo che l’ha fatto diventare una koiné internazionale, una lingua veicolare (il cosiddetto Global English) storpiata da milioni di turisti. E, infine, non mancano gli apocalittici che profetizzano un futuro lessicale dominato dal cinese. Molto improbabile. Per leggere e scrivere in modo decente la lingua del Celeste Impero occorre memorizzare almeno 3-4mila complicatissimi logogrammi.

Senza contare che Dante e Shakespeare sono
molto più godibili di Confucio…

gentleman editoraile aprile 24

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