Via col guscio

di Di Claudio Costa - illustrazione di Chris Burke
l'eterno fascino delle imbarcazioni
Illustrazione di Chris Burke

L’eterno fascino delle imbarcazioni in legno. Dagli yawl, «i violini del mare» resi famosi dall’avvocato Agnelli, fino ai piccoli scafi che riportano all’inizio della storia

I violini di mare dell’avvocato Agnelli. L’avvocato Giovanni Agnelli amava anticipare e stupire, senza mai superare la linea della pura ostentazione che spesso tenta i precursori. Come quando alla fine degli anni Ottanta esce in mare con l’extra-Beat, un maxi di 36 metri in alluminio, progettato da German Frers. Pochi anni dopo tocca allo Stealth, sempre un Frers, 26 metri in composito, vele in kevlar, mostro di modernità.

In un’epoca in cui i vecchi giornalisti chiamavano
ancora panfilo qualsiasi grande barca a vela.

Ma, a distanza di molti anni, oggi, nell’immaginazione collettiva, l’avvocato al timone resta associato ai suoi «violini del mare», elegantissimi yacht in legno con la patina e la perfezione di strumenti musicali: lo yawl tomahawk, un camper & nicholson del ’38; l’Agneta, altro yawl disegnato da Knud Reimers; e la forse più celebre di tutte, la splendida capricia, poi donata alla Marina Militare. Non si tratta di nostalgie: così come avvenuto per le auto, nessuno contesta che i progressi tecnologici delle Formula Uno della vela (america’s cup e dintorni), abbiano beneficiato lo yachting in generale. Ma il fascino del legno (proprio come quello delle auto d’epoca rispetto ai bolidi da competizione), resta misterioso. Certo, gli ecologisti invocheranno sostenibilità ed economia circolare.

Quercia, mogano, tek hanno un suono più familiare
di pre-preg o nido d’ape aramidico.

Ma c’è molto di più: è la bellezza che prevale sui costi-benefici, la tradizione che si prende la rivincita sulla contemporaneità. Se la funzionalità davvero fosse tutto, una manciata di pillole potrebbe sostituire il paté tartufato e un tessuto poliamnidico il buon vecchio cashmere… il piacere non sempre si coniuga alla razionalità.

Senza contare l’eco della storia risuonato non solo dalle grandi barche d’epoca, ma anche dai piccoli scafi usciti dalle mani di un maestro d’ascia, dato che per secoli l’uomo ha navigato su legni plasmati da anonimi artigiani assai più che da progettisti famosi. e può bastare un gozzo a vela latina per evocare pescatori di perle e corsari barbareschi.

O un minuscolo dinghy, vela al terzo e fasciame a klinker, per sognare vichinghi e onde del nord. Gusci che consentono un contatto quasi diretto con il mare e che persino i proprietari di grandi yacht guardano con aria tra ammirata e divertita. Gusci sì. Ma gusci d’attrazione.

 

gentleman editoraile aprile 24

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