La ricetta del Grana Padano Dop è unica e uguale da secoli, ma prende vita a seconda di dov’è lavorato come nella cucina della tradizione

Con oltre 5 milioni di forme prodotte l’anno, di cui oltre 2 milioni esportate nel 2021, il Grana Padano è il formaggio portabandiera della cucina di tradizione italiana. Alimento principe della dieta mediterranea, si fatica a trovare delle ricette che non ne contengano almeno una spolverata ed è protagonista di molti piatti tipici.

Anzi, delle tradizioni, tante e plurali quante sono le sue zone di provenienza. Seguendo la sua scia si può tracciare un percorso alla scoperta dei suoi territori di produzione, dall’ossobuco alla milanese ai pizzoccheri della Valtellina, da agnolotti e plin piemontesi a spatzle e strangolapreti trentini e via grattugiando.
Il Consorzio Tutela Grana Padano
La mappa geografica del Consorzio Tutela Grana Padano dà un’idea della ricchezza di questo territorio: una costellazione di 129 caseifici sparsi in 13 province di cinque regioni differenti che abbraccia tutto il Nord Italia. Immagine potente e sintetica, la cartina capace di condensare in un unico sguardo le mille sfaccettature della parola provenienza, fatta di persone e paesaggi, saperi ed esperienze che si tramandano immutate nei secoli, ma ogni volta sono singolari e differenti.

Frutto di un’unica ricetta, il Grana Padano prende forma a seconda dei luoghi in cui è lavorato, come i piatti della tradizione: passati di generazione in generazione, con la continuità di un sapere che passa di mano in mano ma che poi ciascuno realizza alla propria maniera.

Nella cucina del territorio quest’intreccio di tradizioni da preservare e contingenza del presente quotidiano è ancora più visibile. L’esempio perfetto è la pasta ripiena e le mille forme che prende nel breve spazio di una manciata di chilometri.

Tirare la sfoglia e chiuderla sono gesti sempre uguali che s’imparano per assimilazione diretta nelle cucine delle nonne. Il ripieno, invece, varia a seconda della dispensa. Con l’unica eccezione di una bella grattugiata di formaggio, unico comun denominatore che mette insieme agnolotti e ravioli del plin, cappelletti e tortellini.

In generale nel grande ricettario Grana Padano, il primo è il capitolo principale e più corposo perché è difficile immaginare qualsiasi piatto di pasta senza una spolverata di formaggio. C’è chi lo mette persino sugli spaghetti con le vongole, ma questa è una questione che si lascia volentieri alla zona indefinita dei gusti di cui non è bene disputare.
La mantecatura
Certo è invece il ruolo da protagonista del Grana Padano nei risotti. Qui, infatti, il formaggio grattugiato ha una dignità da ingrediente protagonista con uno spazio e un tempo d’azione tutto suo: la mantecatura. A tre quarti della cottura del risotto, infatti, per rendere il composto cremoso e omogeneo, si aggiungono burro e formaggio (materie grasse come nel significato del termine spagnolo manteca). La proporzione è variabile a seconda dei gusti ma, in tempi attenti all’alimentazione sana, logico che si propenda per il secondo grazie al grande apporto di proteine, minerali e vitamine, a fronte di ridotto contenuto di lipidi.
La gratinatura
Altro verbo che vede Grana Padano nel ruolo di attore protagonista in cucina oltre a mantecare è gratinare. Capitolo sostanzioso anche questo, ma trasversale alla divisione in portate. Sotto quella superficie dorata e croccante, infatti, si possono nascondere primi e secondi, antipasti e piatti unici. Va da sé, però, che sulla sottile linea del gratin si formi una relazione solida e gustosa soprattutto coi contorni.

Quella tra verdure e Grana Padano è un’alleanza per tutte le stagioni che va dall’estive melanzane alle zucche, dal radicchio e trevigiana fino a cavoli e cavolfiori di ogni genere e gradazione di colore. Non a caso fin dal primo svezzamento il formaggio grattugiato è l’atout per far apprezzare tutte le verdure dalle zucchine passe-partout fino alle più ostiche come spinaci.
Se abbinato a quelle a foglia scura, ne mitiga il retrogusto amarognolo, mentre abbinato alla zucca riesce a smorzarne la dolcezza. A ulteriore conferma della versatilità del Grana Padano e della sua flessibilità in cucina. Dalla prima grattugiata fino all’ultima crosta.

Perché della forma non si butta via niente: con la crosta si può creare lo scenografico piatto di portata di un risotto o gustosi «crostini» come negli Agnolotti cacio e pepe, proposta rivisitata di un classico romano in formato tipico piemontese.