Interni d’autore firmati Droulers Architecture

di Ilaria De Bartolomeis

Stile global e local per gli interni d’autore delle sorelle Virginie e Nathalie dello studio Droulers Architecture

Che si tratti di marito e moglie, come nel caso di Charles e Ray Eames; di cugini, come Le Corbusier e Pierre Jeanneret; di fratelli, come i Castiglioni, non sono poche le coppie che scandiscono il ritmo della storia dell’architettura, del design e dell’interior. Questo, forse, perché vita relazionale e progettazione hanno molto in comune: si definiscono entrambe, infatti, in un’alternanza di armonie e contrasti, di regole ed emozioni. È in un connubio ancora più stretto che prendono forma gli interni d’autore dello studio Droulers Architecture, fondato dalle gemelle Virginie e Nathalie Droulers. Le loro realizzazioni sono un intreccio perfetto di visioni, sensazioni, esperienze: sono l’espressione di un mix fra l’italianità classica di ambienti, come quelli di Villa d’Este a Cernobbio, di cui il padre Jean-Marc Droulers è stato per quattro decenni l’uomo simbolo, e la cultura newyorkese della seconda metà degli anni 90, dove hanno studiato. Con il loro linguaggio sofisticato firmano progetti haut de gamme a Milano, Londra, Manhattan, ma anche fra le Alpi, in Engadina e a Cortina, oltre alla collezione di arredi Droulers Lab.

Gentleman. Come stanno cambiando le case?
Nathalie Droulers. Stiamo sperimentando nuovi modi di vivere la casa, portando all’interno delle mura domestiche tutte quelle attività che prima si svolgevano fuori: lavoro, scuola, sport. Per inserire queste nuove funzioni abbiamo dovuto ripensare gli spazi in cui abitiamo.

G. In questi ultimi mesi abbiamo assistito anche a un rinnovato interesse per le seconde case…
Virginie Droulers. È proprio così, per alcuni sono diventate delle prime abitazioni. In ogni caso, sono un regalo che le persone si fanno, sono una coccola. Nei progetti delle seconde case intervengono molto anche gli uomini perché spesso rappresentano il luogo in cui dare spazio alle proprie passioni.

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Materiali caldi e avvolgenti per la zona living della casa di Cortina.

G. Come definite il vostro stile?
V.D. Siamo cresciute a Villa d’Este, in un’eleganza classica fatta di decori e colori; poi abbiamo studiato a New York, negli anni in cui iniziava a prendere piede un tipo di interior design basato sullo spirito zen, sul benessere olistico e naturale, sul concetto di less is more. In pratica, siamo passate dalla ricchezza stilistica a una sorta di minimalismo e ne siamo uscite con uno stile che rappresenta una buona via di mezzo fra queste esperienze estetiche e culturali. Nei nostri progetti le linee architettoniche e le citazioni del passato sono presenti, ma tutto è riportato a un rigore e a una pulizia visiva.

G. Quali sono i ricordi legati a Villa d’Este?
N. D. Villa d’Este è un hotel stagionale e come tale chiude una volta all’anno. Durante quei mesi senza ospiti, le stanze vengono completamente svuotate, restaurate, se necessario, e poi riarredate. Di questi traslochi si occupava nostra madre e noi, dietro a lei, ci aggiravamo nei corridoi e nelle camere, partecipando al posizionamento dei quadri e degli arredi. Il nostro lavoro probabilmente è iniziato con quegli inverni.

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Anche nella zona piscina, a cui si accede da una scalinata in legno, non mancano i richiami alla tradizione locale ampezzana.

G. Nei vostri progetti utilizzate materiali e oggetti che prevedono una lavorazione artigianale…
V.D. L’artigianato italiano è un patrimonio che rischia di estinguersi per il mancato cambio generazionale. Con il nostro lavoro cerchiamo di sostenere questi mestieri nobili e lo straordinario lavoro di tutti quegli artigiani e artisti che sono sconosciuti ai più.

G. Che cosa non deve mancare in una casa?
V.D. Una bella luce. Una buona illuminazione, fatta di diversi punti luce provenienti dal basso, scalda e avvolge lo spazio in una scenografia. Un lampadario centrale, invece, rischia di annullare le profondità e appiattire l’atmosfera.

G. Fra i vostri progetti ci sono anche parecchie dimore di montagna. Come intendete questo tipo di abitazione?
N.D. In montagna, soprattutto d’inverno, le temperature sono fredde e le giornate sono corte, per questo la casa deve essere molto accogliente e trasmettere un bel senso di calore. Nei nostri progetti cerchiamo di ricreare uno spazio in cui rifugiarsi.

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Il legno è protagonista anche della casa a st. Moritz, progettata dalle Droulers.

G. Come?
V. D. Utilizzando materie tattili, colori caldi e rispettando l’architettura locale, soprattutto nelle montagne svizzere, in zone come l’Engadina, dove gli interni delle case spesso hanno uno stile architettonico ben preciso. Amiamo abbinare le pietre al legno non trattato, oppure alla lana cotta, ma anche inserire materiali inaspettati, che solitamente si usano in città, come il marmo. Più che per contrasti, lavoriamo per compensazioni creando così un equilibrio e un buon flusso all’interno della casa: una texture molto forte come quella del marmo Green Forest, per esempio, si affianca a superfici pacate; usando le pietre, invece, si recupera vivacità con tessuti e dettagli. Anche i metalli contribuiscono a creare un’esperienza sensoriale. Tutti i materiali devono dare il loro meglio comunicando naturalezza, autenticità, essenzialità.

G. Che sia in montagna o in città, qual è la stanza più importante della casa?
N. D. Tutto ruota intorno alla cucina, così bella ed emozionale che è una gioia condividerla con gli amici, e alla tv room. Questi due ambienti sono le nuove stanze con il fuoco che, come i camini di un tempo, raccolgono a sé tutta la famiglia.

gentleman editoraile aprile 24

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