Max Ferrari racconta MC2 Saint Barth

di Samantha Primati - foto di Fulvio Maiani

Da start up nata per gioco su una spiaggia a una solida azienda internazionale. La storia del successo di MC2 Saint Barth, raccontata da uno dei suoi fondatori, Max Ferrari

 

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Si dice che un sorriso sia una curva che mette tutto in ordine. Anche i pensieri. Un approccio alla vita che Max Ferrari, fondatore di MC2 Saint Barth, prati- ca da sempre, tanto da averlo fatto diventa- re la filosofia (e la chiave del successo) del suo marchio di capi e accessori che hanno un denominatore comune, pensati per esseri usati in vacanza, per vivere bene i momenti di relax, al mare come in montagna.
Nata da un’amicizia e per gioco, su una spiaggia caraibica, MC2 Saint Barth, oggi, è un’azienda solida e strutturata. Una società che ha attraversato la transizione dall’analogico al digitale e guarda a nuovi mercati internazionali. Gentleman. Come è nato il marchio MC2 Saint Barth?
Max Ferrari. Su una spiaggia, tra il 1998 e 1999, ero con il mio socio Raffaele Noris e altri amici. Eravamo giovani e ho notato che indossavamo tutti lo stesso costume, un Sundek, lo cito perché abbiamo un ottimo rapporto con loro, e in quel periodo era un marchio monopolista. A fine anni 90 c’era un grande fermento nel campo dell’abbigliamento e mi sono reso conto che si stava aprendo una fetta di mercato molto interessante nel mondo dello sportswear. I negozianti chiedevano prodotti

G. Perché si chiama così?
M.F. Da ragazzo con la mia fidanzata andava- mo in vacanza sull’Isola di Saint Barth, amo quel posto, ai tempi ancora così selvaggio e poco frequentato.
G. E invece MC2?
M.F. M sta per Montecarlo, infatti la texture sul logo è una scacchiera, e C sta per Caraibi. Dal GP di Montecarlo alle spiagge di Saint Barth, inseguendo l’estate tutto l’anno.
G. Un brand nato al mare e oggi dedicato anche alla montagna: come è stata l’evoluzione?
M.F. Naturale, perché l’intento della mia azienda non è mai stato quello di vendere costumi, ma quello di vendere spensieratezza. Un’emozione. D’estate si sogna l’aperitivo al chiringuito di Formentera e d’inverno l’après-ski in baita, un bombardino con gli amici, dopo una giornata sulle piste. Dalla spiaggia alla neve il passo è stato semplice.
G. Un mood?
M.F. Esattamente, un atteggiamento… Leggerezza e ironia.
G. Quanto conta l’ironia?
M.F. Riuscire a far accennare un sorriso a chi indossa un capo MC2 Saint Barth di questi tempi è fonte di grande soddisfazione.
G. L’amicizia come si è trasformata?
M.F. Di fatto in azienda ognuno ha il suo ruolo disegnato sulla propria indole e caratteristiche, che rispettiamo entrambi. Raffaele Noris è più
sulla gestione e io mi occupo di sti- le. Abbiamo vissuto gioie e dolori e negli anni siamo diventati come fratelli. Ci conosciamo talmente be- ne che ormai tra noi non serve par- lare, ci capiamo al volo.
G. E la fiducia?
M.F. Imprescindibile. Insieme al ri- spetto. Fondamentale, come in una
relazione.
G. Litigate mai?
M.F. Difficilmente, non ha senso. Dopotutto siamo cresciuti insieme e condividiamo gli stessi valori nei confronti della vita.
G. Insomma, come un matrimonio felice…
M.F. Che poi una società tecnicamente è ancora più vincolante di un matrimonio. Diciamo che per noi è come stare insieme alla guida della stessa automobile, nessuno di noi due farebbe imprudenze per non mettere in pericolo l’altro.
G. A proposito di crescere, lei ha 46 anni ed è cresciuto negli anni 80, e l’immagine del brand lo rivela in certi aspetti, che influenza ha avuto su di lei quel periodo?
M.F. Vivendo a Milano, tra i 15 e i 17 anni il movimento, fortemente iconico, dei pani- nari ha segnato la mia estetica. I colori, lo stile. Erano anni in cui l’abbigliamento era
una divisa, ma anche uno stile di vita, ci si riconosceva. La mia generazione è stata for- temente condizionata da questo.
G. E poi c’era la spensieratezza…
M.F. Sì molto, si respirava la fiducia nel fu- turo, una fiducia fatta di leggerezza e mol- ta positività. Il tempo libero era uno svago, weekend in montagna, ritrovi tra amici, vo- glia di trascorrere tempo in serenità, senza pensieri. Anche se sono stati anni difficili, politicamente.

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G. Legato agli anni 80 c’è anche l’incontro importante con Olmes Carretti.
M.F. Un uomo, un maestro per me. Perché Car- retti ha trasformato i brand in status symbol. Quello che ha fatto negli anni 80 con Best Company, Henry Lloyd, By American, American System, per me è ancora fonte di grande ispirazione. È stato come incontrare la mia rock star preferita. Gli devo molto.
G. Un esempio?
M.F. Nella filosofia progettuale che si esprime nell’attenzione e nella cultura del prodotto, nella sua specifica destinazione d’uso. La scelta di un colore, quel colore, non selezionato in fretta e furia su un pantone, ma vivo nell’immaginazione di chi crea il capo al fine di restituire un’esperienza a chi poi lo indossa. Olmes mi ha insegnato che di verdi ce ne sono un milione ma il verde bello è uno. Non a caso quello della giacca Henry Lloyd lo ricordiamo tutti. Da lui ho imparato anche che, se non hai un prodotto di qualità, e bello, non potrai mai fatturare.
G. E la passione?
M.F. Tanta. Tantissima. Perché lui aveva fatto quello che io sognavo di fare. La condivisione di questa ambizione per me è una cosa bella, intimamente.
G. La vostra è un’azienda nata analogica e oggi è anche digitale Com’è stata la transizione?
M.F. Siamo sempre stati al passo coi tempi. Abbiamo affrontato gli step: wholesale, retail e online sempre con grande attenzione, dedicando tempo e cura. Nessuno di questi aspetti del business è trascurato. Ma se dovessi scegliere tra e-commerce o negozio, scelgo il secondo. Il mio cuore è nel retail. L’esperienza di acquisto e di vendita, in negozio ti regala emozioni che coinvolgono tutti i sensi che il digitale non dà, per sua natura.
G. Un altro vantaggio dall’essere cresciuti negli anni 80…
M.F. La mia generazione, la X, ha la grande fortuna di aver vissuto due realtà nella loro pienezza e trasformazione. Il punto di vista è allargato, una visione privilegiata. Bisogna farne buon uso.
G. Che cosa fa nel tempo libero?
M.F. Sto con i miei amici, con le persone.

 

gentleman editoraile aprile 24

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