Una vita per la natura

di Jessamy Calkin
Una vita per salvare il pianeta. ogni anno migliaia di gnu migrano in kenya
Ogni anno migliaia di gnu migrano dal Serengeti fino al Maasai Mara in Kenya.

Amico della regina. Divulgatore scientifico tra i più famosi al mondo. Star della tv e, ora, anche di Instagram. David Attenborough racconta il suo ultimo documentario Our Planet

Una vita per salvare il pianeta. Un uomo anziano che cammina tra vetri rotti e calcinacci in case abbandonate, dove mura e finestre non esistono più. Il luogo è Chernobyl, protagonista della catastrofe ambientale del 1986, il silenzioso esploratore è uno dei più celebri esperti naturalisti al mondo, sir David Attenborough.

Si apre così il nuovo documentario, Our planet, trasmesso su Netflix, prodotto da Silverback Films e Wwf, David Attenborough: Una vita sul nostro pianeta. È un testimone unico, David Attenborough che si trova nella straordinaria posizione di aver esplorato la natura più di chiunque altro.

In una carriera iniziata nell’era olocenica, il periodo geologico di 12mila anni di stabilità climatica quando la fauna selvatica era ancora abbondante, in un momento in cui i viaggi internazionali, erano appena diventati facile mezzo per l’esplorazione.

Da allora la popolazione umana è triplicata e il numero di animali selvatici, una volta prolifici, si è dimezzato.

Come ha osservato Attenborough nel suo discorso di Davos: «Siamo arrivati a un punto critico». Basta guardare le notizie recenti, incendi incontrollabili in Brasile, California e Oregon, che hanno distrutto città e comunità e sfollato mezzo milione di persone; uragani e inondazioni improvvise di forza e frequenza travolgente che minacciano la Costa del Golfo.

i ghiacciai del mar artico si stanno sciogliendo
I ghiacci del Mar Artico.

La foresta pluviale viene abbattuta più velocemente che mai, 3,8 milioni di ettari vengono disboscati ogni anno, ovvero 15 miliardi di alberi all’anno, e il pianeta sta perdendo il suo ghiaccio: dal 1979, il ghiaccio marino estivo si è ridotto del 40%. Di recente il Wwf ha riferito che la fauna selvatica è diminuita di due terzi in meno di 50 anni.

E quando un gruppo di esperti dell’Onu ha chiesto a 455 scienziati di indagare sullo stato della Terra, si è scoperto che un milione di specie (su una stima di otto milioni) sono a rischio di estinzione, cioé 100 volte più velocemente di quanto accadrebbe nel normale corso degli eventi.

«Non è troppo tardi per cambiare le cose, o almeno per migliorarle. La scienza c’è tutta, la tecnologia c’è, la volontà politica dovrebbe esserci, ma la difficoltà sta nel far sì che le persone se ne preoccupino», dice Attenborough.

La barriera corallina australiana a risco erosione
La barriera corallina australiana

Ora, il suo nuovo libro, scritto insieme al regista e scrittore scientifico Jonnie Hughes, che ha lavorato con lui per anni e ha anche co-diretto il film, riunisce tutto il suo pensiero. Ci sono molti esempi di governi che si sono fatti strada con successo verso la sostenibilità: Islanda, Paraguay e Albania generano già tutta la loro elettricità senza usare combustibili fossili.

E chi sapeva che il Marocco ha la più grande fattoria solare del mondo, che fornisce il 40% del suo fabbisogno? O che il Costa Rica ha ora ricostituito metà della foresta pluviale che aveva abbattuto negli anni 70? Le ricerche hanno dimostrato che la vita marina potrebbe rigenerarsi a un ritmo incredibile se solo il 30% dell’oceano fosse protetto.

E c’è speranza per la fauna selvatica: nella vita di Attenborough, i gorilla di montagna hanno fatto ritorno in Africa orientale; e gli avvistamenti di balene blu, dal divieto di caccia nel 1986, hanno superato ogni aspettativa.

La sua voce si è abbassata ma non ha perso nulla del suo entusiasmo, sia che stia esclamando per la bravura danzante del gambero mantide o del polpo che può camminare sulla terraferma. Esistono almeno 20 specie che portano il suo nome e ha più lauree ad honorem dalle università britanniche di chiunque altro.

Quando è entrato a far parte di Instagram poco tempo fa, ha battuto il record per aver raggiunto un milione di seguaci in poco più di quattro ore (un record detenuto in precedenza da Jennifer Aniston).

a life on our planet il documentario di sir david attemborough
Una tartaruga nuota nella barriera corallina

David Attenborough è nato nel 1926, a Isleworth. Ha vinto una borsa di studio in scienze naturali a Cambridge nel 1945, dopo di che ha fatto il servizio nazionale in marina e poi è entrato nel settore televisivo nel 1952, come produttore. Divenne personaggio televisivo quasi per caso, intervenendo quando un presentatore, un guardiano dello zoo di nome Jack Lester, si ammalò.

Attenborough e un cameraman furono inviati in spedizioni per trovare creature animali da presentare in tv prima di essere spedite allo zoo di Londra.

«Il primo viaggio che ho fatto è stato nel 1954, quando la televisione era una piccola organizzazione e ricordo che andai a trovare l’uomo che si occupava dell’amministrazione del mio dipartimento, e gli dissi: Vado in Indonesia per tre mesi».

«Oh sì», mi disse, «cosa succederà?» E io dissi: «andremo a cercare uccelli del paradiso e cose chiamate draghi di Komodo. Circa sei programmi di mezz’ora. Torneremo per Natale. E siamo andati, ci siamo divertiti un sacco e abbiamo fatto questi programmi piuttosto brutti».

Questo era il programma Zoo Quest, cui seguirono poi diverse altre serie sempre più sofisticate.

Nel 1965 divenne controller della BBC2, allora direttore dei programmi della BBC (dove commissionò serie chiave come Civilisation, The Ascent of Man e Monty Python’s Flying Circus) e fu nominato direttore generale nel 1972. Decise però di dedicare tutto il suo tempo alla realizzazione di programmi sul mondo naturale.

le piantagioni di olio di palma invadono la foresta del borneo
Piangagioni di olio di palma vicino alla foresta del Borneo.

La vita sulla Terra è stata la sua prima serie ambiziosa e pionieristica, e comprendeva il famoso incontro in Ruanda tra un giovane e ridente Attenborough sdraiato a terra e un gorilla di montagna di nome Poppy seduto sulla sua cima. «Ce ne sono molti di più ora di quando li abbiamo filmati per la prima volta negli anni Settanta», dice.

Il suo team è andato in 39 Paesi, ha filmato 650 specie e ha percorso 1,5 milioni di chilometri per Life on Earth. È stato guardato da circa 500mila persone ed è stato, dice, il periodo più bello della sua vita.

La sua ultima serie, Our Planet, uscita su Netflix l’anno scorso, è stata scaricata 700 milioni di volte in tutto il mondo. E recentemente ha contribuito a un altro film diretto specificamente alle istituzioni finanziarie, Our Planet: Too Big To Fail, una collaborazione tra Netflix e Wwf, con Mark Carney (ora inviato speciale delle Nazioni Unite per l’azione e la finanza per il clima).

Una vita per salvare il pianeta. gli allevamenti intensivi di pesce impoveriscono flora e fauna marittima
Allevamenti intensivi di stoccafisso nei mari del nord.

Attenborough vive semplicemente, non ha un iPhone o un’e-mail, usa la posta, e occasionalmente un computer. «Non mangio carne da molto tempo. È sparita, non riesco a spiegarmelo. Non è che abbia fatto un sacrificio» confessa.

Forse è stata la rivelazione che, come dice il libro, il 60% dei mammiferi nel mondo è costituito da bestiame, e si consumano 50 miliardi di polli all’anno, la maggior parte dei quali sono alimentati con mangimi a base di soia derivati da terreni disboscati.

Il film e il libro delineano ciò che potrebbe accadere nel futuro, all’attuale ritmo di progresso: la foresta pluviale si trasformerebbe in una savana secca, le popolazioni di pesci si decimerebbero, il metano prodotto dallo scongelamento del suolo accelererebbe il cambiamento climatico e gran parte del pianeta diventerebbe inabitabile.

Ma, dice ora: «Credo che le cose stiano cambiando, e sono i giovani ad essere più vigorosi nel far sentire la loro voce in questo. Non ha nient’altro da dire se non buone cose su Greta Thunberg, con la quale ha trascorso un po’ di tempo l’anno scorso. «Penso che sia assolutamente straordinaria, e che sia molto realista sui temi; è molto modesta e la prima a dire che dobbiamo ascoltare la scienza. E lo dice con una tale forza, e con una tale chiarezza che è una voce molto potente, e durerà e risuonerà molto più a lungo della mia, perché ha 75 anni di meno».

C’è qualcosa là fuori che vorrebbe ancora vedere: «Un paio di specie di uccelli del paradiso che non ho visto», dice. «Ora non potrò più farlo, non posso camminare per giorni in terreni incerti. Ma dopotutto ho 94 anni e trovo che alla mia età sedersi in giardino a guardare la primavera è una cosa molto bella da fare. Mi dà pace».

gentleman editoraile aprile 24

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