Pinot e Vodka. Dolcetto e Spritz. No, non sono nuovi cocktail, ma l’ultima tendenza in fatto di nomi di cani…
Fido, Bobi, Lampo e una manciata di altri bisillabi: fino a metà del ’900 la maggioranza dei cani italiani dovevano rassegnarsi a una diffusa omonimia. Mancanza di fantasia da parte dei padroni, ma anche una blanda affettività per l’amico a quattro zampe non ancora assunto a membro di famiglia a pieno titolo, da stimare, coccolare e, appunto, battezzare con la dovuta attenzione e un pizzico di originalità.
Qualche lettore di Jack London l’aveva chiamato Buck in onore del protagonista (incrocio tra sanbernardo e pastore scozzese) del Richiamo della Foresta. Qualche professore di filosofia si era azzardato a battezzare Atma, anima del mondo in sanscrito, il suo barboncino, come aveva fatto Schopenhauer.
Ma la grande svolta, sostengono gli studiosi di costume e i sociologi di pronto intervento, avvenne col boom economico accompagnato da cinema, televisione e fumetti d’élite. Fu l’epoca dei Lassie, Rex, Snoopy, Nana, Lilli, Pimpa e così via. Da allora liberi tutti, puntando sulla bizzarria come forma di originalità.
L’ultima tendenza oggi? Chiamare il quadrupede con nomi di vini, vitigni, liquori e cocktail vari. La ragione, ammesso che ve ne sia una, rimane misteriosa. Forse, durante il lungo assedio pandemico, anche un buon bicchiere ha fatto compagnia…