Buone frequenze: Linus per Dynamo Camp

di Enrico Dal Buono

Dal 2009 Linus, direttore artistico di Radio Deejay,  sostiene Dynamo Camp attraverso programmi, aste e raccolte fondi

uen Serena Porcari, presidente di Dynamo Camp Onlus, e Linus, direttore artistico
di Radio Deejay.

A quindici anni compiuti proprio quest’anno, Dynamo Camp, la onlus nata per offrire programmi gratuiti di terapia ricreativa a ragazzini tra i 6 e 17 anni affetti da patologie gravi o croniche, entra nella sua piena adolescenza. E anche il suo rapporto con Linus, pseudonimo del direttore artistico di Radio Deejay, Pasquale Di Molfetta, è quasi un teenager ormai.

Dal 2009, ogni anno, infatti, Linus sostiene Dynamo Camp, ospitando per una settimana nella sua trasmissione Deejay chiama Italia bambini, famiglie e volontari del Camp. La settimana successiva, promuove un’asta di raccolta fondi. Nel 2021 ha totalizzato 31.284 euro. Ma forse il capitale più prezioso resta quello delle voci diffuse grazie ai suoi microfoni.

Nell’oasi di Dynamo Camp affiliata Wwf sull’Appennino Pistoiese i ragazzi con disabilità possono trascorrere del tempo sereno con svariate attività.

Gentleman. Alyssa, una ragazzina, ha detto ai microfoni di Radio Deejay: «Grazie al Camp sono rinata. Per la prima volta nessuno mi ha fatto sentire in imbarazzo in quanto non vedente». Una mamma ha detto: «Per la prima volta non ci siamo sentiti genitori di figli disabili ma semplicemente genitori». Sembra uno dei pregi di Dynamo sia quello di far sentire tutti normali. Ecco, che cos’è la normalità?
Linus. In generale la normalità, di questi tempi, è la mancanza di ansia. Da un anno la sensazione prevalente è l’incertezza rispetto al futuro, anche quello più prossimo. Occuparsi solo della quotidianità pare un privilegio, mentre dovrebbe essere questa la normalità. Rispetto a Dynamo, però, la normalità è un’altra cosa. Ci sono famiglie che da anni si portano dietro un bagaglio di problemi. È come se, quando arrivano al Camp, quest’oasi da mille ettari affiliata Wwf sull’Appennino Pistoiese, gli dicessero: a questi ci pensiamo noi. Voi occupatevi solo di vivere.

G. La disabilità è solo un guaio o può nascondere bellezze inaspettate?
L. Nessuna delle famiglie che ho incontrato grazie a Dynamo nascondeva le difficoltà, ma la disabilità ti obbliga a fare in qualche modo i conti con tutto quello che noi diamo per scontato: l’attenzione alle sfumature emotive e alla solidarietà interpersonale. I sentimenti tornano al centro della vita.

Tra le attività organizzate da Dynamo Camp, anche il circo.

G. Un antidoto all’egoismo, insomma?
L. Questi problemi possono unire più che separare, quando invece siamo diventati molto egoisti e narcisisti, attenti più che altro alla nostra autoaffermazione individuale.

G. Qual è il modo migliore per rapportarsi a un bambino disabile?
L. Non sono un esperto di invalidità, credo però che con questi bambini si debba essere il più possibile diretti. Un mio amico, personaggio popolare, ha avuto un grave problema fisico che gli ha causato deficit comportamentali e comunicativi. Mi dà fastidio vedere quelli che lo trattano con vezzeggiativi e patetismi, come se avessero a che fare con una creatura a cui va tenuta nascosta la vita. Tu non sai come, in realtà, lui sta traducendo il tuo atteggiamento dentro la sua scatola. Mi capita di pensare che se fossi al suo posto, con intatta capacità d’intendere e volere ma con problemi a comunicare, non vorrei essere trattato in modo zuccheroso o accomodante. Ecco, i bambini sono piccoli uomini che vanno trattati di conseguenza. Il modo più giusto di rapportarsi a loro è la naturalezza.

Cani, cavalli, nuoto, arrampicate… tutto quello che ci vuole nella vita di un bambino.

G. È una regola codificata del Camp?
L. Di sicuro, di regola, c’è questa qui: nessuno, a parte lo staff medico, sa esattamente quale disabilità o patologia hanno i singoli bambini e ragazzi. I volontari e gli altri operatori sanno solo ciò che il ragazzo può fare e ciò che non può fare. Credo che questo serva per limitare i pregiudizi relazionali.

G. Perché lo fa? Perché si è appassionato alla causa di Dynamo?
L. Non lo faccio per avere la coscienza a posto né per fare un favore a qualcuno. Lo faccio perché lo ritengo un mio dovere. È tra i doveri di un essere umano adulto. Sono entrato a contatto con Dynamo in modo casuale. Il nome è perfetto, perché ricorda le squadre di calcio della nostra infanzia, le luci delle biciclette e pure un illusionista dei giorni nostri, ma al tempo il Camp un nome non ce l’aveva nemmeno. Oggi, oltre a un nome, ha una storia sempre più popolare. Ho un carattere molto pratico: piuttosto che disperdermi in mille rivoli benefici mi concentro su poche organizzazioni. Ma non mi sento di fare nulla di speciale. Il mio mestiere è parlare in radio ed è anche il mio modo di aiutare le cause che ritengo giuste.

Linus con la chitarra Gibson autografata: è stata aggiudicata a 3.920 euro.

G. Dato che è un uomo pratico, come aiuta nel concreto questa causa?
L. Da un lato sono un altoparlante, che condivide col pubblico situazioni complicate, fa capire che è possibile affrontarle in un modo diverso. E dall’altro raccolgo fondi. Le strade in questo senso non sono moltissime. I numeri verdi sono abbastanza inflazionati negli ultimi anni, dato l’esorbitante quantità di emergenze che si sono accumulate. L’asta è un’efficace formula pratica. Normalmente, oltre alla vendita di oggetti, mettevamo in palio anche esperienze, come gite in bicicletta insieme a noi. Quest’anno col Covid non era possibile, quindi ci siamo limitati agli oggetti.

G. Una chitarra Gibson è stata venduta a 3.920 euro, due monopattini Aprilia a circa 800 euro ciascuno. Ma quale vendita l’ha gratificata di più nell’ultima edizione?
L. Gli anelli. Originariamente li avevamo creati solo per uso interno, per chi lavora in radio, sulla falsariga di quelli donati dalle squadre Mba ai giocatori che vincono il campionato. Quest’anno ci siamo concessi una deroga e abbiamo proposto nell’asta alcuni di questi anelli radiofonici.

G. La musica può aiutare questi bambini a vivere meglio?
L. La musica è un modo di comunicare, e quindi di creare relazione. È pure un modo per avvicinarci a noi stessi e mettere a fuoco certi sentimenti. A volte è un modo per sigillare certi ricordi: un bambino che al Camp ha sentito certe canzoni, inevitabilmente assocerà i bei ricordi collezionati a quelle canzoni. La musica è una vibrazione che ti rimane dentro come un profumo. Insomma, ha il potere della madeleine di Proust.

gentleman editoraile aprile 24

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