3, 2, 1… Spritz

di Giuliana Di Paola

Lo Spritz è il rito che ha conquistato il mondo. In tutte le sue varianti. Arancio Aperol, rosso Campari, rubino Select, bianco St.Germain

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La ricetta dello Spritz codificata dall’Iba è 3 parti di Prosecco, 2 di Aperol e 1 di soda.

Lo Spritz è il rito italiano che ha conquistato il mondo. Poco alcolico e molto instagram friendly grazie al suo colore acceso. Facile come dire un, due e tre, che poi sono anche le proporzioni della ricetta, il cocktail fatto con 3 parti di Prosecco, 2 di bitter e una di soda è diventato sinonimo di aperitivo in tutte le lingue del globo.

La definitiva consacrazione dello Spritz è arrivata dal New York Times che, tre anni fa, l’ha decretato il cocktail del momento. Per poi stroncarlo subito dopo, definendolo «Come un capri Sun (succo di frutta concentrato, ndr) dopo un allenamento di calcio in una giornata calda. E non in senso positivo».

Se si andava oltre lo strillo in prima pagina, e si leggeva tutto l’articolo del New York Times si capiva che il punto nodale della stroncatura non era il drink in sé, ma il Prosecco: quello che si trova negli Stati Uniti non è di gran qualità al contrario di quello delle zone dov’è nato il cocktail.

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Il Select Spritz dagli anni 20 è il più amato dai veneziani ed è servito con un’oliva verde.

Il rito veneto d’origine auburgica

Proprio alla qualità del vino deve la sua origine e il suo nome. A fine ’700 le truppe asburgiche di stanza nel triveneto, trovando il vino locale troppo forte, chiedevano all’oste di allungarlo con l’acqua gasata. In una parola in tedesco «Spritzen», spruzzare. All’epoca lo Spritz era solo vino allungato con acqua gasata o la soda dei sifoni che iniziavano a far capolino sui banconi.

Le truppe asburgiche chiedevano di «Spritzen» (allungare) il vino locale, che trovavano troppo forte, con l’acqua gasata

Solo dopo prende la forma, e il colore, che si conosce oggi, con la comparsa dei primi bitter e vermouth negli anni 20, di colore rosso-arancio e dal sapore dolce-amaro. Come l’Aperol presentato dai fratelli Barbieri alla fiera di Padova del 1919, un distillato d’arancia, con erbe e radici, come china, rabarbaro e genziana.

La ricetta dell’Aperol, invariata da allora, è rimasta segreta. Il nome, invece, si sa, è stato scelto in assonanza con gli Aperò che Silvio Barbieri, appena tornato da Parigi, sentiva ordinare ai tavolini dei bistrot sugli Champs-Élysées.

Fin dall’inizio della sua storia lo Spritz esiste anche nella variante rosso rubino, intenso e brillante come il Select. L’aperitivo nato a Venezia nel 1920, com’è scritto sull’etichetta, dai Fratelli Pilla, gli stessi del brandy Oro Pilla, oggi custoditi nel portafoglio del Gruppo Montenegro.

Ma il Select Spritz (rigorosamente con oliva verde) era ed è una perla solo per veneziani di nascita e di adozione, come spesso succede a quel che succede in Laguna. L’Aperol, invece, si è diffuso dal Veneto a tutta Italia e da lì, poi, è partito alla conquista del mondo, grazie al potente volano del Gruppo Campari.

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Campari Spritz sullo sfondo della Sala Spritello del Camparino in Galleria.

Aperol o Campari? Il vero derby si gioca in casa

Ed è proprio in casa che si gioca il vero derby: quando al bar si ordina uno Spritz, di rimando viene chiesto «Aperol o Campari». Ora. Perché prima nel tempio dell’aperitivo milanese Il Camparino in Galleria e al Caffè di Novara, dove Gaspare Campari ne aveva perfezionato la ricetta, il suo bitter si beveva Shakerato e miscelato nei grandi classici, come Milano-Torino, Americano e Negroni.

La versione dello Spritz codificata dall’Iba (International Bartenders Association), ossia la Crusca del bere miscelato, è quella dello Aperol Spritz. Anche se in nota son segnalate le tre varianti con Campari, Cynar e Select.

Bisogna ammettere che lo Spritz Cynar, più scuro e virante all’amaro, è davvero un segreto da bacaro, le piccole osterie lagunari, dove lo Spritz come l’ombra (di vino) servono ad accompagnare i cicchetti, dal latino ciccus, piccolo boccone, per indicare gli stuzzichini tipo tapas, da olive e uovo sodo su su fino alle sarde in saor (con agrodolce e cipollata).

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Hugo, il cocktail creato da Roland Gruber, fatto con il liquore al sambuco St.Germain.

Hugo: la risposta alto-atesina allo spritz veneto

Nel caleidoscopico ventaglio dell’aperitivo frizzante ci sono tutte le nuance, persino la trasparente, l’Hugo, creato da Roland Gruber, bar tender che, dopo molto girare, era tornato a San Zeno a Naturno, vicino Merano.

Qui in Alto Adige, in omaggio al suo ritorno al le origini, nel 2005, è nato Hugo, la risposta altoatesina al veneto Spritz: al posto di vermouth e bitter, c’è lo sciroppo di melissa.

Vista la difficoltà di reperirlo, nel tempo lo sciroppo di melissa è sostituito poi con liquore al sambuco, come il St.Germain, liquore del gruppo Pernod Ricard. Dolce e profumato, l’Hugo spopola in Tirolo e, da lì, in Svizzera e Austria, a chiudere il cerchio aperto dai soldati asburgici due secoli fa.

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Chandon Garden Spritz si serve con un rametto di rosmarino e una fetta d’arancia essiccata.

Chandon Garden Spritz il ready-to-serve di Moët Hennessy

L’aperitivo spruzzato ha definitivamente conquistato il mondo e la conferma definitiva è arrivata ora dal colosso Moët Hennessy con il lancio di una versione ready-to-serve del cocktail di fascia super alta. Chandon Garden Spritz nasce dall’idea di celebrare i diversi terroir del mondo.

La ricetta dello Chandon Garden Spritz parte naturalmente dallo spumante argentino Chandon di proprietà del Gruppo Lvmh a Mendoza, miscelato con un liquore alle arance di Valencia e un mix segreto di erbe e spezie da India, Madagascar e Centro America.

Senza coloranti e senza aromi artificiali. Basta stappare e versare in un bicchiere pieno di ghiaccio con una fettina d’arancia essiccata e un rametto di rosmarino e il gioco è fatto. Anzi, l’aperitivo è servito.

gentleman editoraile aprile 24

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