La superclassifica 2023 di Gentleman dei migliori 50 vini bianchi fermi italiani, ottenuta incrociando i voti delle sei più autorevoli guide
Miglior vino bianco d’Italia, secondo tutt’e sei le guide che li giudicano con un voto, è uno Chardonnay della Valle d’Aosta, il Cuvée Bois 2020 dell’azienda Les Crêtes, che già l’anno scorso si era classificato al primo posto della superclassifica di Gentleman.
Il database di Gentleman considera tutti i vini giudicati con i massimi punteggi nelle edizioni 2023 di Vini d’Italia del Gambero Rosso, I vini di Veronelli, Guida essenziale ai vini d’Italia di Daniele Cernilli, Vitae dell’Associazione Italiana Sommelier, Bibenda della Fondazione Italiana Sommelier; Annuario dei migliori vini italiani di Luca Maroni. Per ciascun vino è stato sommato il punteggio attribuito dai sei recensori. I giudizi di Veronelli, Cernilli e Maroni sono già espressi in centesimi, negli altri casi i simboli sono stati convertiti con queste equivalenze. Per Gambero Rosso: Vini dell’anno 3+=100, 3 bicchieri=97; 2 bicchieri rossi=92,5; 2 bn=88; 1 bn=82,5. Su Vitae accanto alle 4 viti è espresso un voto in centesimi, seguono 3+=90; 3=87; 2=84; 1=79. Nel caso di Bibenda, i grappoli sono stati convertiti in diversi punteggi a seconda della media voto espressa dagli altri recensori.

Poiché nasce in Val d’Aosta non stupisce che sia fatto con uve di varietà francese, ma se si prendono in esame anche il secondo e il terzo classificato si constata che sul podio dei migliori vini bianchi d’Italia neanche uno è ricavato esclusivamente da uve italiane: il laziale Donna Adriana 2020 di Castel De Paolis, che tallona il Cuvée Bois, nasce infatti dall’unione di Malvasia e Viognier, mentre il terzo, il friulano Pomédes di Roberto Scubla, è frutto di un ménage à trois fra Pinot Bianco, Friulano e Riesling Renano.

Non c’è niente di male, naturalmente, a scegliere varietà originarie di altri Paesi per ottenere vini di alto profilo, ma quando si scopre che nei primi dieci ce ne sono tre a base di Sauvignon, due di Chardonnay e due di Viognier mentre i bianchi ricavati da vitigni autoctoni sono soltanto tre, si ha la prova che c’è qualcosa che non va. Che cosa?

Il modo più razionale per individuare quale sia il problema è prendere in esame i tre bianchi indigeni e capire perché solo loro si sono classificati.
All’ottavo posto dei migliori 50 vini bianchi italiani si è piazzato un altoatesino, l’Auratus, ricavato dal Gewürztraminer, un vitigno molto aromatico che dichiara in tedesco di essere italiano: è originario di Tramin, cioè di Termeno in provincia di Bolzano. È quindi un vino della tradizione, come lo è il sesto in classifica, l’Utopia, singolare Verdicchio Riserva dei Castelli di Jesi prodotto da Montecappone.
È invece un vino innovativo il Biancosesto dell’azienda friulana Tunella, felice connubio delle due varietà autoctone, Friulano e Ribolla Gialla, vinificato e maturato con procedure avanzate. Sono vini come questo che le guide cercano di far emergere: ambiziosi, longevi, d’intensa personalità.