Dagli orti alle stelle

di Cristina Cimato

La nuova tendenza in cucina? Gli chef agricoltori. La ristorazione d’autore ha riscoperto il potere della natura.

E così, i migliori cuochi del panorama italiano, tolta la toque blanche, indossano stivali e guanti per raccogliere i frutti della terra da offrire nei loro menù. Quando il km0 è davvero 0

gentleman chef agricoltori Antonio D'Angelo. L’Orto di Mimì e Sole la Rodhésienne
Antonio D’Angelo de L’Orto di Mimì, con Sole, la sua Rodhésienne.

Della cipolla, Pablo Neruda scrisse: «…e nacquero le tue foglie nell’orto quali spade, la terra accumulò il suo potere rivelando la tua nuda trasparenza…».

Insieme a essa, tra lattughe e asparagi, finocchi, pomodori, melanzane, e poi verze e cavoli, si consuma ogni stagione nei campi un viaggio di continua rinascita, un lavoro di accudimento che sa ispirare gli artisti, ma anche gli chef.

E la ristorazione d’autore ha riscoperto il potere della natura, di un terreno da coltivare per ottenere una materia prima eccellente.

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La linea di conserve Koji dello chef di Nobu Antonio D’Angelo.

Lo ha fatto Antonio D’Angelo, chef di Nobu Milano ed executive corporate chef di tutto il mondo food & beverage di Giorgio Armani, napoletano trapiantato a Brescia che, a Castel Mella, ha avviato, con l’amico Andrea Tessadrelli, L’Orto di Mimì, azienda agricola in cui produce verdure e radici da usare nelle cucine milanesi della galassia Armani.

Il suo paradiso in terra è nato dalla volontà di coltivare wasabi a impatto zero, ma anche il cipollotto bianco Negi e la senape giapponese Mizuna, insieme agli ortaggi della tradizione mediterranea. Da assaggiare sulle tavole di Nobu, dell’Armani/Silos Caffè e dei catering, ma anche nelle conserve stagionali preparate nel laboratorio alimentare Koji (vendute tramite Deliveroo o attraverso la boutique in Piazza Unità d’Italia).

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Vittoria Ferragamo.

«Dalla terra al piatto» è il principio che ha motivato anche il progetto dell’Orto de Il Borro, tenuta toscana della famiglia Ferragamo che ha appena celebrato 30 anni. Nel «giardino coltivo» di due ettari, nato nel 2012 e seguito in prima persona da Vittoria Ferragamo, figlia di Ferruccio, supportata da esperti agronomi e da un team di agricoltori e botanici, vengono prodotti ortaggi di stagione nel rispetto dei cicli colturali e allevate 300 galline Livornesi bianche.

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Una veduta de Il Borro.

Le loro uova biologiche impreziosiscono le cassette dell’Orto de Il Borro, prodotti certificati che arrivano al consumatore tramite il sito ortodelborro.it e allo stesso tempo popolano la cucina del ristorante gourmet l’Osteria del Borro e del Borro Tuscan Bistro, guidati dallo chef Andrea Campani.

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La serra del San Felice Orto.

Sempre in Toscana, in provincia di Siena, c’è l’hotel diffuso Borgo San Felice con i suoi due ristoranti, Il Poggio Rosso, che vanta una stella Michelin e una stella Verde, e l’Osteria del Grigio, capitanati dallo chef colombiano Juan Quintero (sotto la guida di Enrico Bartolini). Per la sua cucina, il cuoco utilizza principalmente i prodotti provenienti dall’Orto Felice, progetto di agricoltura sociale promosso dalla Fondazione Allianz Umana Mente.

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L’Executive Chef Juan Quintero dei due ristoranti dell’Hotel diffuso Borgo San Felice.

Questa iniziativa filantropica ha lo scopo di migliorare la vita dei ragazzi con disabilità, sostenendo l’integrazione attraverso attività ortoflorovivaistiche e zootecniche. A San Felice la ricerca dell’eccellenza passa anche da uno stretto rapporto con i produttori locali che forniscono materie prime selezionate.

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Lo chef di Horto, Alberto Toè.

Un simile approccio di prossimità è alla base di Horto, ristorante milanese che fa parte del complesso The Medelan. I founder Osvaldo Bosetti e Diego Panizza hanno voluto valorizzare il territorio con una filiera corta e una sinergia tra cucina e territorio.

 

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Storione e campagna è un piatto dello chef Norbert Niederkofler per il ristorante Horto.

Al progetto ha aderito anche lo chef pluripremiato Norbert Niederkofler, cui è stata affidata la direzione strategica e organizzativa della cucina, gestita dall’executive chef Alberto Toè. Il modello si basa sulla collaborazione con aziende agricole, caseifici e produttori a non più di un’ora dal centro di Milano.

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I fratelli Roberto ed Enrico Cerea e, alle loro spalle, la serra verticale di Planet Farms.

Vicinanza e visione sono le parole chiave del progetto dei fratelli Cerea per il loro tre stelle Da Vittorio che ha inaugurato una nuova azienda agricola realizzata in collaborazione con Planet Farms, realtà di riferimento per il vertical farming in Europa.

La struttura ha trovato posto nel Parco della Cantalupa e ospita due camere di crescita. Con le tecniche di agricoltura idroponica «fuori-suolo» si coltivano molteplici tipologie di basilico, baby-leaves e micro-greens.

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Enrico Crippa nella sua serra.

Infine, tra i pionieri del legame tra materia prima e cucina, c’è Enrico Crippa, dal 2003 legato da un sodalizio creativo, e ora anche di business, alla famiglia Ceretto. Nel ristorante Piazza Duomo promuove i concetti di stagionalità e sostenibilità che affondano le radici nell’orto situato a pochi chilometri da Alba, nella Tenuta Monsordo Bernardina.

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Insalata finocchi e arancia a Km0 dello chef Crippa.

I 400 mq di serra e 3mila metri di appezzamento ospitano specie vegetali, botaniche e orticole coltivate seguendo le pratiche dell’agricoltura biologica e biodinamica.

gentleman editoraile aprile 24

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